di Andrea Dei, su “Omeopatia33” del 28 ottobre 2010
In “Speakable and unspeakable in quantum mechanics” (Dicibile e indicibile in meccanica quantistica – Ed. Italiana Adelphi, 2010) si può imparare il significato di concetti quali la località, l’entanglement (intreccio), i cosiddetti esseribili reali, le variabili nascoste e tutte quelle cose che dovrebbero spiegare le leggi intime del mondo nel quale viviamo. Con un caveat: esse per la nostra mente sono altamente illogiche, ancorché formulabili matematicamente. Il fatto che per certuni siano logiche e siano base di spiegazione di modelli strumentali è per me degno di ammirazione o tacciabile di ciarlataneria. Nel caso dell’articolo apparso su Homeopathy (2007, 96, 220) a firma di Otto Weingartner1 e molto ben riassunto da Carlo Di Stanislao, che da medico è un non addetto ai lavori, la seconda ipotesi è altamente più probabile.
L’omeopatia è un metodo terapeutico operazionale o strumentale e, da un punto di vista filosofico, cade nell’antirealismo. Il che non vuol dire che non è reale, ma solo che non segue una legge determinata. Ma fra la meccanica quantistica e l’omeopatia c’è la stessa differenza che c’è fra un tram e un limone e invocare l’una per spiegare l’altra è un esercizio ridicolo per un banale criterio dimensionale. Purtroppo non è così e molti, avendoci capito il giusto nella meccanica quantistica, si proiettano in fantasticherie indecorose. Weingartner è uno di questi e proclama: l’efficacia dell’omeopatia nasce dall’interazione coerente fra medico, paziente e farmaco e va vista come la risultante di un intreccio (entanglement). Aggiungo che lo dice anche Vitulkas e lo affermano anche gli psicoterapeuti e tutti i sostenitori dell’antipsichiatria, che molti scellerati vorrebbero assimilare ai laureati in medicina.
Il che, se fosse vero quello che dice Weingartner, porterebbe a concludere che un rimedio omeopatico prescritto per telefono, email o fax non funziona. A meno che l’autore sia disposto a sostenere, come molti peraltro fanno, che il compito del medico omeopata sia quello di scrivere su un foglio il nome del rimedio, appoggiarlo su un bicchiere d’acqua e, levato il foglio, farglielo bere al paziente. Se Weingartner lavorasse come faccio io con sistemi a singola molecola, si renderebbe conto dell’esistenza della decoerenza che cancella l’informazione a livello sia molecolare che macroscopico (a meno di non lavorare in condizioni estreme), che non sono quelle dei pazienti, degli studi medici e delle realtà fisiche e chimiche che sono i rimedi omeopatici. E questa sarà la mia opinione fino a quando Weingartner non raccoglierà dati estremamente più seri da permettergli di scrivere le sue argomentazioni su giornali più appropriati, senza profittare dell’ignoranza in materia dell’Editorial Board di Homeopathy e senza dimenticare che le sue fantasie portano disdoro e dileggio a una classe di medici che svolgono la loro professione, come si suol dire, con scienza e coscienza, locuzione che io riassumo con un più semplice “onestà”.
- 1.Molski M. Quasi-quantum phenomena: the key to understanding homeopathy. Homeopathy. 2010;99(2):104-112. doi:10.1016/j.homp.2009.11.009
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