L’efficiente filantropia del Mario Negri

di Andrea Dei, su “Omeopatia33” del 1° ottobre 2009

Sono un estimatore di Jussieu. Questo non perché abbia stabilito il criterio di classificazione delle piante fiorite tuttora in uso, ma per la lucidità mentale e l’onestà intellettuale con la quale redasse una relazione di minoranza come membro della commissione di medici e scienziati che nel 1784 fu chiamata a condannare a furor di accademia Mesmer e le sue pratiche terapeutiche, che per i professionisti dell’epoca stavano diventando seccanti. La commissione condannò Mesmer sottolineando l’insussistenza della metodologia e attribuendo le dimostrate guarigioni ad altri fattori quali la speranza di guarigione indotta nel paziente dal ciarlatano, il potere dell’immaginazione del paziente stesso (oggi chiamato effetto placebo) e infine la rimozione di terapie con farmaci inadeguati che causavano più danni che benefici. Jussieu si dissociò dal giudizio di condanna espresso dagli altri membri, sottolineando che la pretesa razionalità accademica era anch’essa soggettiva e che il giudizio doveva essere basato esclusivamente sui risultati empirici che non negavano una parziale efficacia del trattamento.

Le lucide argomentazioni di Jussieu possono essere utilizzate per commentare le ultime esternazioni espresse in coro e con patente disgusto da Garattini e Bertelè su Lancet e da Gallus sul sito del Mario Negri, nei confronti della legittimazione dei prodotti omeopatici a livello europeo. Gli autori si soffermano altresì sui problemi etici impliciti in tale decisione. Il Mario Negri è un’istituzione prestigiosa, con una produzione scientifica altamente significativa a giudicare dal sito web. C’ è tuttavia da notare che nel suo bilancio sul web figurano in maniera rilevante contributi di industrie farmaceutiche, molte delle quali è presumibile che vedano giustificatamente tale legittimazione con il fumo negli occhi.

Se gli autori avessero concluso la loro sparata con uno: “Scusate, teniamo famiglia”, nessuno avrebbe fatto loro mancare l’ espressione della più sentita solidarietà umana. Ma queste sono maligne considerazioni, che non mi sento certo di supportare. Penso solo che tali relazioni possano portare ad assumere una visione parziale nella loro assoluta imparzialità.
Resta il fatto che, mentre le industrie per motivi statutari interpretano Adam Smith a modo loro e perseguono il raggiungimento del proprio personale benessere come scritto nella dichiarazione OMS di Alma Ata, proprio loro di accampare motivi etici ne potevano fare a meno.

La farmacologia, alla quale essi univocamente demandano il potere terapeutico, ha avuto uno sviluppo enorme e questo è innegabile. Tuttavia il progresso delle conoscenze non fa altro che sottolineare i limiti del paradigma riduzionistico utilizzato, che, ricordo, si basa sull’assunzione che la stessa interazione farmaco-recettore abbia le stesse conseguenze terapeutiche per tutti gli individui. Questo si sa che è vero solo nel 60% dei casi, ma che nel 50% produce danni. Il risultato non è eccitante, tanto più che ad esso si associano spesso storielle come le decine di migliaia di morti per il Vioxx o quella più recente della Pfizer multata di 2,3 miliardi di dollari più cinque anni di vigilanza federale per frode e informazioni scientifiche falsificate. O addirittura la candida confessione di un’associazione americana pazienti che ha dichiarato in tribunale di aver ricevuto 700.000 dollari dalla Novartis per la promozione generalizzata del Ritalin.

Commenti su Lancet da parte di Garattini & C. a questo proposito non li ho mai letti. La loro logica li porterebbe piuttosto a sostenere che se la terapia ormonale sostitutiva, che purtroppo qualche minorata in menopausa si rifiuta di fare, si è dimostrata indurre un significativo numero di tumori, il fatto non è importante, dal momento che esistono terapie anticancro di provata efficacia e i cui effetti collaterali possono essere leniti da farmaci appropriati. Ora è vero che la vituperata omeopatia ha avuto uno sviluppo minore anche per colpa di molti illuminati prescrittori, che si sentono unti dal Signore, e di chi tiene loro bordone. Ma è anche vero che la banda dei farmacologi ha rigettato, col concorso degli stessi omeopati, concetti come l’ormesi che stanno alla base della farmacologia delle microdosi e la cui utilizzazione in campo terapeutico sarebbe stata meno perniciosa.

Tuttavia il punto nero dell’etica di Garattini è implicito nella relazione di Jussieu ed è quello di cercare di cancellare il punto chiave della medicina che sta nel rapporto medico-paziente. In questo, gabellandosi per filantropo efficiente, non si perita di dar di ciarlatani solo a una classe di laureati ma di colpevolizzare anche i pazienti, come se un fisico sofferente, che troppo spesso è uscito malandato dalle scientifiche terapie della medicina accademica, avesse il dovere inderogabile di seguire la sua logica.
In questo dimentica un principio fondamentale della medicina: per andare avanti si può usare sia un triciclo che una super-bike, purché a guidarli ci sia sempre Ippocrate e non una eventuale etica glabra e illuminata con in mano un assegno con tanti zeri.

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