Il fascino discreto dell’antitesi nella medicina ortodossa

di Andrea Dei, su “Omeopatia33” del 13 dicembre 2012

La pasticca di antibiotico che ho preso stamani conteneva un numero molecole dieci milioni di volte maggiore dei batteri buoni e cattivi che mi era stato prescritto di eliminare. Se ne avessi prese diciamo cento volte meno, probabilmente i batteri ne avrebbero goduto e si sarebbero moltiplicati con più voluttà. Ma questo non si deve sapere, ne’ tanto meno sperimentare.

La farmacologia convenzionale parte dal principio che un farmaco funziona da una certa dose in poi (effetto soglia): una dose più bassa non è efficace e quindi si invita a non prenderla, stante l’inutilità del gesto. Una sola sigaretta del commissrio Maigret avrebbe riempito lui e la stanza di sostanze cancerogene. Una torma di tossicologi si è affannata negli anni a calcolare quanti cancri una sigaretta fumata in Francia avrebbe causato a Tokyo, visto che il modello che adottano non prevede una soglia e che quindi anche una molecola sola ha una probabilità diversa da zero di produrre danni.

Poiché è stato ufficialmente stabilito con esperimenti inappropriati e ridicoli che Jean Baptiste de Lamarck e la sua teoria evoluzionista erano eufemisticamente inaffidabili, si ritiene che le molecole dannose siano sempre dannose, indipendentemente dal loro numero. Pertanto i dettati delle due agenzie occidentali preposte (l’americana EPA e l’europea REACH) sono talebanianamente costrittivi nel condizionare la vita delle società occidentali, tanto che dicono che Dracone nell’aldilà abbia avuto numerose crisi di bile per giustificati e alti motivi di bassa invidia.

Questi due atteggiamenti della medicina ufficiale sono tranquillamente accettati nella società moderna, giustificando l’alto costo sociale e di denaro che la loro adozione implica. Ma si dimentica sempre di sottolineare come i loro fondamenti siano palesemente antitetici come ho sostenuto più volte anche su queste pagine. Tuttavia desta sconcerto l’osservare che la medicina ufficiale irrida e condanni con ludibrio la pratica della farmacologia delle microdosi sulla quale si fonda l’omeopatia, giudicandola senza senso, mentre dall’altro lato assuma lo stesso contesto tanto che, come osservano Calabrese, Cook e Hanekamp in un loro recentissimo editoriale (Environmental Toxicology and Chemistry, 2012) essa possa essere considerata la “New Homeopathy”.

C’è tuttavia da osservare che chi sceglie di curarsi con l’omeopatia, lo fa per scelta volontaria. Così non è quando la medicina ufficiale, di fatto, impone all’intera società le sue scelte indimostrabili in nome del diritto di abuso e di abuso del diritto che le sono istituzionalmente riconosciuti.

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