Gino Santini, Vito Trinchieri
da “HIMed, Homeopathy and Integrated Medicine”, maggio 2021, 12: 1, 14-16
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Introduzione – Il rapporto tra i microorganismi che colonizzano il nostro organismo (microbiota) e i suoi processi di adattamento ambientale (soprattutto su base metabolica e immunitaria) deve mantenersi in equilibrio per evitare il manifestarsi di processi infiammatori locali e sistemici.
Materiali e metodi – Sono stati passati in rassegna gli articoli pubblicati negli ultimi anni (in vitro e in vivo) sull’impiego di strategie terapeutiche a base di probiotici e alcune patologie a carico del cavo orale (parodontite, alitosi, mucosite, carie) per correggere la disbiosi alla base di tali squilibri.
Risultati – Gli studi esaminati hanno confermato le potenzialità di tali strategie, in grado di ridurre i processi infiammatori che caratterizzano le disbiosi esaminate, mantenendo al minimo gli effetti collaterali. Gli studi in vitro, in particolare, hanno altresì indicato i meccanismi molecolari alla base dell’efficacia dei ceppi probiotici sperimentati.
Conclusioni – Una supplementazione di probiotici costituisce una strategia efficace e praticamente priva di effetti collaterali per ridurre in modo significativo la disbiosi e il conseguente processo infiammatorio caratterizzante diverse patologie del cavo orale.
Negli ultimi decenni la ricerca ci ha restituito un numero sempre maggiore di connessioni tra patologie sistemiche e microbiota umano; da qui l’interesse suscitato da recenti approfondimenti su aree dove è maggiormente rappresentato il fenomeno della colonizzazione batterica.1 Anche il rapporto tra cellule del nostro corpo e i microrganismi che costituiscono il nostro microbiota, inizialmente identificato con un rapporto di 10:1, è stato progressivamente rivisto al ribasso, pur mantenendo alto l’interesse dei clinici sull’impatto che questa simbiosi sembra avere nella fisiologia e nel metabolismo dell’individuo.2
In parallelo con l’aumento della conoscenza del microbioma di particolari settori del nostro organismo (soprattutto l’intestino, ma anche la pelle, l’apparato urogenitale e il cavo orale), i ricercatori negli anni si sono chiesti come fosse possibile agire in questo contesto con terapia mirate e praticamente prive di effetti collaterali. Risposte interessanti in questo senso sono arrivate dalla categoria dei probiotici, definiti come microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono all’ospite un beneficio per la salute.3 Questo vale soprattutto per i probiotici di ultima generazione, che hanno raggiunto elevati livelli di qualità e sicurezza, al punto da determinare un incremento annuo del 7% della produzione industriale di questi prodotti.4
Il cavo orale, presenta la microflora più abbondante e diversificata dopo quella intestinale e costituisce un interessante area di approfondimento.5 Al pari di quanto avviene con l’intestino, anche il microbiota orale è inserito in un equilibrio continuo e dinamico con il sistema immunitario dell’individuo, il quale a sua volta risponde ai suoi stimoli riequilibrando e promovendo una adeguata tolleranza immunitaria verso i batteri commensali.6 Con tali premesse negli ultimi anni si è inevitabilmente aperta un’interessante ricerca mirata sul possibile utilizzo di strategie a base di probiotici per la gestione di alcune patologie del cavo orale. Tra queste ultime la periodontite riveste un ruolo di predominanza, essendo caratterizzata non solo da infiammazione gengivale, ma anche da alterazioni strutturali del tessuto connettivo e da riassorbimento dell’osso alveolare, con conseguente perdita del dente.7
Il primo step per valutare l’efficacia dei probiotici per questa patologia del cavo orale è stata una serie di sperimentazioni in vitro, con l’obiettivo di dimostrare l’assenza di sequenze genetiche patogene, un’attività antibatterica nei confronti dei microrganismi responsabili dello stato infiammatorio, la capacità di colonizzare le cellule dell’epitelio orale e di modulare in senso positivo la risposta immune.8
Diversi studi in vitro sono stati effettuati isolando ceppi batterici da yogurt in commercio: Köll-Klais et al.9 hanno evidenziato che diversi ceppi di lattobacilli presentavano un’attività antibatterica verso P. gingivalis e S. mutans nella saliva di 20 pazienti sofferenti di periodontite cronica; Zhao et al.10 hanno valutato l’effetto del L. acidophilus sulla secrezione di interleuchine infiammatorie (IL1B, IL6 e IL8) da parte dell’epitelio gengivale esposto al P. gingivalis; Yamada et al.11 evidenziano come un metabolita prodotto da un probiotico protegge la mucosa periodontale dall’infiammazione generata sempre dal P. gingivalis. Quest’ultimo viene efficacemente contrastato nei suoi effetti infiammatori della mucosa orale anche dal Lactobacillus Rhamnosus GG, come dimostrato da Gatej et al.12 in modelli murini.
Gli studi di Messora et al.13 condotti in vivo sui ratti hanno evidenziato le risposte positive del B. subtilis in un modello di periodontite indotta, successivamente confermati anche dalle ricerche di Foureaux et al.14 sullo stesso modello, mentre Maekawa e Hajishengallis15 hanno effettuato sui topi un trial randomizzato versus placebo utilizzando localmente Lactobacillus brevis CD2 (ceppo di recente riclassificato come Levilactobacillus16) e ottenendo un incremento di un enzima, l’arginina deaminasi, in grado di abbassare il livello infiammatorio del tessuto parodontale inibendo la produzione di nitrossido17, in questo favorito da un elevato grado di adesività al biofilm del cavo orale.18
Risulta quindi confermato un effetto locale benefico del B. lactis sul piano immunitario, in prima ipotesi attraverso meccanismi di mimetismo molecolare, attivando al pari di qualche batterio patogeno i recettori toll-like delle cellule dendritiche e stimolando una risposta da parte dei linfociti T helper.19 Allo stesso modo il Lactobacillus brevis CD2, innalzando i livelli di arginina deaminasi, contribuisce in modo significativo a diminuire il riassorbimento osseo e ad abbassare i livelli di citochine infiammatorie importanti, quali il Tumor Necrosis Factor a, IL-1b, l’IL-6 e l’IL-7.20 È anche interessante notare che i cambiamenti immunologici mediati dai probiotici nel trattamento delle malattie parodontali sembrano verificarsi non solo nel tessuto parodontale, ma anche a livello del microbioma intestinale.12
Molto ricca risulta essere la ricerca clinica nell’uomo, in relazione a diverse patologie del cavo orale. Rimanendo nel campo della patologia peridontale, da segnalare l’attività antinfiammatoria del Lactobacillus brevis CD2 in compresse orali sia in somministrazione versus placebo21 che in comparazione con un trattamento antibiotico (Doxicillina)22, così come nel mantenimento di un buono stato della mucosa parodontale durante trattamenti ortodontici (studio preliminare)23; uno dei meccanismi di azione di questo effetto protettivo sembra essere l’inibizione dello sviluppo di Prevotella melaninogenica nel biofilm orale, come dimostrato da Vuotto et al.24 Va anche sottolineato che in una corposa review sistematica accompagnata da metanalisi di 64 studi clinici randomizzati Gheisary et al.25 arrivano a concludere che formulazioni probiotiche costituite da specie di Lactobacillus per via orale sono state associate a miglioramenti statisticamente significativi in tutti gli esiti clinici nei pazienti con patologia parodontale.
Per quanto concerne l’alitosi, una patologia sottostimata determinata da composti sulfurei volatili e dalle conseguenze sociali molto evidenti, i benefici apportati dalla somministrazione di probiotici presenta numerosi vantaggi: incremento della resistenza alle infezioni del cavo orale; mantenimento di un biofilm protettivo che impedisce l’adesione di batteri patogeni; la modulazione del pH e dei relativi potenziali ossido-riduttivi del cavo orale; la produzione di vitamine B6 e B12, riboflavina, acido folico, niacina e acidi grassi a catena corta (acido lattico e acido propionico).26 In questo contesto è rilevante l’attività del Lactobacillus brevis CD2, verificato in uno studio randomizzato in doppio cieco da Marchetti et al.27, così come in un modello sperimentale di gengivite.28
Anche la stomatite aftosa rientra fra le patologie che beneficiano della supplementazione con probiotici. In un trial in doppio cieco versus placebo Trinchieri et al.29 sono stati i primi nel 2011 a documentare l’efficacia del Lactobacillus brevis CD2 nelle lesioni aftose del cavo orale, così come Tasli et al.30 nella sindrome di Behçet. Risultati analoghi si riscontrano in un recente lavoro del gruppo indiano di Shukla et al. con un studio clinico randomizzato dove l’azione del Bacillus coagulans è stata messa a confronto con un trattamento a base di tetracicline.31
Chemio- e radioterapia possono indurre una mucosite, un processo patologico caratterizzato da un danneggiamento della mucosa orale che può andare da un lieve stato infiammatorio a profonde ulcerazioni, soprattutto a carico del cavo orale nel caso di trattamenti di neoplasie della testa e del collo. Sharma et al. hanno rilevato un buon livello di protezione in pazienti di questo tipo che assumevano una supplementazione con Lactobacillus brevis CD2.32 Lavorando in questa direzione Vitaliana De Sanctis ha coordinato uno studio multicentrico che però non ha confermato gli stessi risultati nella prevenzione della mucosite orofaringea33; un’analoga mancanza di significatività è riportata in uno studio pilota effettuato da Giammarco et al.34 nella mucosite orale solitamente determinata dalla chemioterapia utilizzata nel trapianto autologo di cellule ematopoietiche.
Allargando il discorso alla problematica della carie, una patologia multifattoriale legata anche alla presenza nella placca del cavo orale di batteri cariogenici, la strada della supplementazione probiotica si è dimostrata molto promettente, soprattutto sul piano ella prevenzione. Lo dimostra il fatto che il Lactobacillus rhamnosus, una volta integrato nel biofilm orale, può inibire la formazione del glucano dello Streptococcus mutans35, un batterio attivamente coinvolto nel processo di cariogenesi. I vantaggi nella prevenzione sono dimostrati da un lavoro di Campus et al.36 che hanno ridotto in modo significativo il livello di Streptococcus mutans nella saliva di 191 pazienti pediatrici (età compresa tra 6 e 8 anni) con una somministrazione giornaliera di Lactobacillus brevis CD2; da sottolineare che tale livello di protezione sembra mantenere la propria efficacia anche nel caso di pazienti pediatrici con diabete.37
Le patologie infiammatorie del cavo orale hanno cominciato ad assumere rilevante importanza non solo in ambito locale, ma anche in diverse situazioni sistemiche. Wingfield et al.38 hanno recentemente studiato la composizione del microbioma salivare di 40 pazienti che avevano soddisfatto i criteri del DSM-IV per la diagnosi di depressione e, dopo averli confrontati con un gruppo di controllo sano, hanno riscontrato piccole ma significative variazioni. Ancora più recente il lavoro di review effettuato da Mao et al.39 che hanno voluto verificare un sempre maggiormente ipotizzato legame tra la malattia periodontale e il declino cognitivo della malattia di Alzheimer, confermando questo rapporto con tecniche di sequenziazione di ultima generazione e rilevando uno squilibrio del microbioma orale causato prevalentemente da batteri Gram-negativi. Quelli elencati sono solo gli ultimi esempi in ordine di tempo che la ricerca degli ultimi anni ha evidenziato, confermando il contributo che la comunità batterica del cavo orale offre all’intero organismo in termini di resilienza riducendo i livelli di infiammazione e rendendo più robusta la barriera mucosa verso le aggressioni ambientali.40
In conclusione, la flora batterica del cavo orale costituisce un evoluto ecosistema, il cui equilibrio è fondamentale per la fisiologia e il mantenimento del benessere di tale sito. Quando questo equilibrio viene ad essere compromesso, nascono le premesse per stati patologici della bocca con spiccate caratteristiche infiammatorie di cronicità (parodontiti, gengiviti, afte, etc.).41 Recenti acquisizioni dimostrano che una supplementazione a base di probiotici, soprattutto con particolari specie di Lattobacilli, costituisce la strategia più efficace e meno caratterizzata da effetti collaterali da integrare nella terapia di pazienti sofferenti di queste problematiche, anche in gravidanza.42
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