Come la pandemia sta cambiando le regole della scienza

di John P.A. Ioannidis – Da “Tablet Magazine” del 9 settembre 2021LINK

Spesso in passato avevo ardentemente desiderato che un giorno tutti potessero essere appassionati ed entusiasti della ricerca scientifica. Avrei dovuto essere più prudente il quello che desideravo. La crisi causata dalla letale pandemia di COVID-19 e dalle risposte alla crisi ha reso miliardi di persone in tutto il mondo estremamente interessate e sovra-eccitate dalla scienza. Le decisioni prese in nome della scienza sono diventate i giudici di ultima istanza su vita, morte e libertà fondamentali. Tutto ciò che conta è stato influenzato dalla scienza, dagli scienziati che interpretano la scienza e da coloro che impongono misure basate sulle loro interpretazioni della scienza nel contesto del conflitto politico.

Un problema con questa nuova partecipazione di massa al dibattito scientifico è che la maggior parte delle persone, inclusa la maggior parte delle persone in Occidente, non era mai stata seriamente esposta alle regole fondamentali del metodo scientifico. Le norme mertoniane del communalismo [la condivisione delle scoperte scientifiche e delle conoscenze acquisite], dell’universalismo, del disinteresse personale e dello scetticismo organizzato purtroppo non sono mai state predominanti nell’istruzione, nei media e nemmeno nei musei della scienza e nei documentari televisivi su argomenti scientifici.

Prima della pandemia, la condivisione gratuita di dati, protocolli e scoperte era limitata, compromettendo il primo principio su cui si basa il metodo scientifico. Era già ampiamente tollerato che la scienza non fosse universale, ma piuttosto il regno di un’élite sempre più gerarchica, una minoranza di esperti. All’ombra della scienza prosperavano giganteschi interessi e conflitti finanziari e di altro tipo, e la norma del disinteresse personale era abbandonata.

Quanto allo scetticismo organizzato, non ha avuto molto successo all’interno dei santuari accademici. Anche le migliori riviste sottoposte a “peer review” spesso presentavano risultati condizionati da pregiudizi e forzature. La più ampia diffusione pubblica e mediatica delle scoperte scientifiche è stata in gran parte focalizzata sugli aspetti della ricerca che potevano essere esagerati, piuttosto che sul rigore dei suoi metodi e sull’incertezza intrinseca dei risultati.

Tuttavia, nonostante la cinica consapevolezza che le norme metodologiche della scienza erano state trascurate (o forse a causa di questa presa di coscienza), voci che lottavano per più communalismo, universalismo, disinteresse personale e scetticismo organizzato si erano moltiplicate negli ambienti scientifici prima della pandemia. I riformatori erano spesso visti come detentori di una sorta di fondamenta morali più elevate, nonostante fossero in inferiorità numerica nell’occupazione di posizioni di potere. Le problematiche legate alla riproducibilità in molti campi scientifici, dalla biomedicina alla psicologia, hanno causato un esame di coscienza e sforzi per migliorare la trasparenza, inclusa la condivisione di dati grezzi, protocolli e codice. Le disuguaglianze all’interno dell’accademia sono state sempre più riconosciute con appelli a porvi rimedio. Molti erano ricettivi alle richieste di riforma.

Gli opinionisti spacciati per esperti (per quanto ancora dominanti in comitati influenti, ordini professionali, principali conferenze, organismi di finanziamento e altre posizioni di potere del sistema) sono stati spesso contestati sulla base di dati reali. Ci sono stati sforzi per rendere i conflitti di interesse più trasparenti e per minimizzare il loro impatto, anche se la maggior parte dei leader scientifici continuava a essere in conflitto di interessi, specialmente in campo medico. Una fiorente comunità di scienziati si è concentrata su metodi rigorosi, lavorando sui pregiudizi e riducendo al minimo il loro impatto. Il campo della meta-ricerca, cioè la ricerca sulla ricerca, era diventato ampiamente rispettato. Si poteva quindi sperare che la crisi pandemica potesse favorire il cambiamento. In effetti, il cambiamento è avvenuto… ma per lo più in peggio forse.

La scarsa condivisione delle conoscenze scientifiche durante la pandemia ha alimentato scandali e teorie del complotto, che sono state poi trattate come fatti in nome della scienza da gran parte della stampa popolare e sui social media. La ritrattazione da The Lancet di un articolo estremamente visibile sull’idrossiclorochina è stato un esempio sbalorditivo: una mancanza di condivisione e franchezza ha permesso a un’importante rivista medica di pubblicare un articolo in cui 671 ospedali si presume abbiano fornito dati che non esistevano, e nessuno prima della pubblicazione si è accorto che era una completa contraffazione. Il New England Journal of Medicine, un’altra importante rivista medica, è riuscita a pubblicare un documento simile; molti scienziati continuano a citarlo frequentemente molto tempo dopo la sua ritrattazione.

Il più acceso dibattito scientifico pubblico del momento – se il virus COVID-19 fosse il prodotto dell’evoluzione naturale o un incidente di laboratorio – avrebbe potuto essere risolto facilmente con una minima dimostrazione di communalismo (“comunismo”, in realtà, nel vocabolario originale di Merton) dalla Cina: rendere pubblici i registri dell’Istituto di virologia di Wuhan avrebbe immediatamente alleviato le preoccupazioni. Senza questa franchezza su quali esperimenti sono stati fatti, le teorie sulle fughe di laboratorio rimangono credibili in maniera allettante.

Personalmente, non voglio considerare la teoria della fuga di laboratorio – un duro colpo per la ricerca scientifica – come la spiegazione dominante. Tuttavia, se non ci può essere totale condivisione pubblica dei dati nemmeno per una questione relativa alla morte di milioni e alla sofferenza di miliardi, che speranza c’è per la trasparenza scientifica e una cultura della condivisione? Qualunque siano le origini del virus, il rifiuto di attenersi alle norme precedentemente accettate ha fatto enormi danni.

Apparentemente la pandemia ha portato da un giorno all’altro a una nuova spaventosa forma di universalismo scientifico. Tutti sono diventati scienziati esperti di COVID-19 o si sono sentiti in grado di commentare sull’argomento. Ad agosto 2021, c’erano 330.000 articoli scientifici pubblicati sul COVID-19, con circa un milione di autori diversi. Un’analisi ha mostrato che scienziati da ognuna delle 174 discipline che compongono ciò che conosciamo come ‘scienza’ hanno pubblicato un contributo sul COVID-19. Alla fine del 2020, solo l’ingegneria automobilistica non aveva ricercatori che pubblicavano sul COVID-19. All’inizio del 2021, anche gli ingegneri automobilistici hanno detto la loro.

A prima vista, questa è stata una mobilitazione senza precedenti di talento interdisciplinare. Tuttavia, la maggior parte di questo lavoro era di bassa qualità, spesso viziato da errori e talvolta decisamente fuorviante. Molte persone senza competenze tecniche in materia sono diventate esperte da un giorno all’altro, raccontando enfaticamente di stare salvando il mondo. Man mano che questi falsi esperti si moltiplicavano, gli approcci basati sull’evidenza – come gli studi randomizzati e la raccolta di dati più accurati e imparziali – venivano spesso respinti come inappropriati, troppo lenti e dannosi. Il disprezzo per la progettazione di studi affidabili è stato persino celebrato.

Molti scienziati straordinari hanno lavorato sul COVID-19. Ammiro il loro lavoro. I loro contributi ci hanno insegnato tanto. La mia gratitudine si estende ai tanti giovani ricercatori estremamente talentuosi e ben addestrati che ringiovaniscono la nostra forza lavoro scientifica. Tuttavia, accanto a migliaia di validi scienziati, sono arrivati esperti freschi di zecca con credenziali discutibili, irrilevanti o inesistenti e dati discutibili, irrilevanti o inesistenti.

I social media e i principali mezzi di comunicazione hanno contribuito a creare questa nuova generazione di ‘esperti’. Chiunque poteva essere improvvisamente citato come epidemiologo o specialista in politiche sanitarie da giornalisti che spesso sapevano poco di quei campi, ma sapevano immediatamente quali opinioni erano vere. Al contrario, alcuni dei migliori epidemiologi e specialisti di politica sanitaria in America sono stati diffamati come incapaci e pericolosi da persone che si ritenevano idonee a giudicare sommariamente le differenze di opinione scientifica senza comprendere la metodologia o i dati in questione.

La questione del conflitto di interesse ne ha sofferto gravemente. In passato, le entità in conflitto cercavano principalmente di nascondere la loro azione. Durante la pandemia, queste stesse entità in conflitto sono state elevate allo status di eroi. Ad esempio, le aziende Big Pharma hanno chiaramente prodotto farmaci utili, vaccini e altri interventi che hanno salvato vite umane, sebbene fosse anche noto che il profitto era ed è la loro principale motivazione. Big Tobacco era noto per uccidere molti milioni di persone ogni anno e per ingannare continuamente la gente quando promuoveva i suoi prodotti vecchi e nuovi, ugualmente dannosi. Tuttavia, durante la pandemia, la richiesta di prove migliori sull’efficacia e sugli eventi avversi è stata spesso considerata anatema. Questo approccio sprezzante e autoritario “in difesa della scienza” potrebbe purtroppo aver aumentato i dubbi sul vaccino e il movimento anti-vaccino, sprecando un’opportunità unica creata dal fantastico rapido sviluppo dei vaccini COVID-19. Anche l’industria del tabacco ha migliorato la sua reputazione: Philip Morris ha donato respiratori per promuovere un profilo di responsabilità aziendale e salvare vite, una piccola parte delle quali è stata messa a rischio di morte da COVID-19 a causa di malattie preesistenti causate dai prodotti del tabacco.

Altre entità potenzialmente in conflitto sono diventate i nuovi regolatori della società, piuttosto che quelli tradizionali. Le grandi aziende tecnologiche, che hanno guadagnato trilioni di dollari in valore di mercato cumulativo dalla trasformazione virtuale della vita umana durante il blocco, hanno sviluppato potenti meccanismi di censura che hanno distorto le informazioni disponibili agli utenti sulle loro piattaforme. Ai consulenti che hanno guadagnato milioni di dollari da consulenze ad aziende e governi sono stati dati incarichi prestigiosi, potere ed elogi pubblici, mentre gli scienziati senza conflitti di interesse che hanno lavorato pro bono ma hanno osato mettere in discussione le narrazioni dominanti sono stati diffamati. Lo scetticismo organizzato era visto come una minaccia per la salute pubblica. C’è stato uno scontro tra due scuole di pensiero, la salute pubblica autoritaria contro la scienza… e la scienza ha perso.

Farsi continuamente oneste domande e l’esplorazione di percorsi alternativi sono indispensabili per una buona scienza. Nella versione autoritaria (al contrario di quella partecipativa) della salute pubblica, queste attività erano viste come tradimento e diserzione. La narrativa dominante è diventata che “siamo in guerra”. In guerra, tutti devono eseguire gli ordini. Se a un plotone viene ordinato di andare a destra e alcuni soldati vanno in esplorazione a sinistra, vengono fucilati come disertori. Lo scetticismo scientifico doveva essere eliminato senza fare domande. Gli ordini erano chiari.

Chi ha dato questi ordini? Chi ha deciso che la sua opinione, competenza e conflitti di interesse dovessero comandare? Non era una singola persona, non un generale pazzo o un politico spregevole o un dittatore, anche se l’interferenza politica nella scienza si è verificata… in modo massiccio. Eravamo tutti noi, un conglomerato che non ha nome e non ha volto: un bazar di prove raffazzonate; media frenetici e di parte che promuovono giornalisti incompetenti e cercano la copertura del branco; la proliferazione di personaggi dei social media pseudonimi ed eponimi che hanno portato anche scienziati seri a diventare avatar selvaggi di se stessi, sputando enormi quantità di follie e sciocchezze; aziende industriali e tecnologiche scarsamente regolamentate che sfruttano il proprio ingegno e il loro potere di marketing; e gente comune afflitta dalla crisi prolungata. Tutti nuotano in un misto di qualche buona intenzione, alcune idee eccellenti e qualche splendido successo scientifico, ma anche di conflitti, polarizzazione politica, paura, panico, odio, divisione, notizie false, censura, disuguaglianze, razzismo e croniche e acute disfunzioni sociali.

I dibattiti scientifici accesi ma salutari sono sempre bene accetti. I critici seri sono i nostri più grandi benefattori. John Tukey una volta disse che il nome collettivo per un gruppo di statistici è un litigio. Questo vale anche per altri scienziati. Ma “siamo in guerra” ha portato a un passo oltre: questa è una guerra sporca, senza dignità. Gli oppositori sono stati minacciati, maltrattati e vittime di bullismo per mezzo di campagne di cancellazione sui social media, servizi mirati sui media tradizionali e best-seller scritti da fanatici. Dichiarazioni sono state distorte, manipolate e ridicolizzate. Pagine di Wikipedia sono state vandalizzate. Reputazioni sono state sistematicamente devastate e distrutte. Molti brillanti scienziati sono stati maltrattati e hanno ricevuto minacce durante la pandemia, con lo scopo di avvilire loro e le loro famiglie.

L’abuso dell’anonimato e dello pseudonimo ha già un effetto agghiacciante; ma è peggio quando le persone che abusano hanno un nome noto e sono rispettabili. Le uniche risposte possibili al bigottismo e all’ipocrisia sono la gentilezza, l’educazione, l’empatia e la dignità. Tuttavia, escludendo la comunicazione di persona, la realtà virtuale e i social media nell’isolamento sociale sono scarsi vettori di queste virtù.

La politica ha avuto un’influenza deleteria sulla scienza pandemica. Tutto ciò che qualsiasi scienziato apolitico ha detto o scritto potrebbe essere usato come arma per obiettivi politici. Legare interventi di salute pubblica come maschere e vaccini a una fazione, politica o meno, soddisfa coloro che sono devoti a quella fazione, ma fa infuriare la fazione avversaria. Questo processo mina la più ampia adesione necessaria affinché tali interventi siano efficaci. La politica travestita da salute pubblica non ha ferito solo la scienza. Ha anche abbattuto la salute pubblica partecipativa in cui le persone sono responsabilizzate, piuttosto che obbligate e umiliate.

Uno scienziato non può e non deve cercare di modificare i suoi dati e le sue conclusioni sulla base dei dogmi dei partiti politici al potere o della lettura del termometro dei social media. In un ambiente in cui le tradizionali divisioni politiche tra sinistra e destra non sembrano più avere molto senso, i dati, le frasi e le interpretazioni vengono estrapolati dal contesto e trasformati in armi. Lo stesso scienziato apolitico potrebbe essere attaccato da commentatori di sinistra in un luogo e da commentatori di destra in un altro. Molti scienziati eccellenti hanno dovuto auto-censurarsi in questo caos. La loro auto-censura è stata una grave perdita per la ricerca scientifica e l’impegno per la salute pubblica. I miei eroi sono i molti scienziati ben intenzionati che sono stati maltrattati, diffamati e minacciati durante la pandemia. Li rispetto tutti e soffro per quello che hanno passato, indipendentemente dal fatto che le loro posizioni scientifiche siano d’accordo o in disaccordo con le mie. Soffro e apprezzo ancora di più coloro le cui posizioni erano in disaccordo con le mie.

Non c’era assolutamente nessuna cospirazione o pianificazione dietro questa evoluzione turbolenta. Semplicemente, in tempi di crisi, i potenti prosperano e i deboli diventano più svantaggiati. In mezzo alla confusione pandemica, chi era potente e in conflitto d’interessi è diventato più potente ed ha aumentato il proprio conflitto d’interessi, mentre milioni di persone svantaggiate sono morte e miliardi hanno sofferto.

Temo che la scienza e le sue norme abbiano condiviso il destino degli svantaggiati. È un peccato, perché la scienza può ancora aiutare tutti. La scienza rimane la cosa migliore che possa capitare agli esseri umani, a condizione che possa essere sia tollerante che tollerata.

Gino Santini
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Direttore dell'Istituto di Studi di Medicina Omeopatica di Roma. Segretario Nazionale SIOMI. Giornalista pubblicista. Appassionato studioso di costituzioni e del genere umano.

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