A Burioni il Nobel della fallibilità

di Alberto Gonnella

Prima il caso eparina, ora la clamorosa vicenda della cura con il plasma; gli ”scienziati” cari al governo e ai media compiacenti non ne azzeccano una

Ancora una volta si evidenziano due Italie: da una parte quella del mondo reale, che affronta la realtà e trova soluzioni; dall’altra quella del mondo delle parole, dell’apparenza, delle teorie che vive sugli schermi e nei palazzi. In questo caso, da una parte ci sono i medici impegnati negli ospedali a guarire i malati, utilizzando e sperimentando nuove cure; dall’altra i professionisti delle chiacchiere – come “prezzemolo” Burioni – che pontificano in tv senza aver alcun aggancio con la realtà degli ospedali e delle cure sperimentali. Con un dato di 48 guariti su 48 curati è difficile dire che il “plasma iperimmune” (donato da persone guarite dal coronavirus) non funziona o sia una fake news. Eppure, c’è chi ci ha provato, come il professor Burioni, appunto.

A furia di stare da Fazio a “Che tempo che fa”, Burioni è diventato un meterologo al contrario: se lui boccia o minimizza una cura, allora possiamo stare tranquilli che si tratta di uno studio serio. Era già capitato intorno al 10 aprile quando si iniziò a parlare delle microtrombosi venose, essendo emerso da alcune autopsie effettuate che quella era la causa della morte, e non la polmonite, per cui si doveva agire con i farmaci a livello cardiovascolare. Infatti, è quello che stanno facendo adesso molti medici in tutta Italia condividendo le proprie esperienze. Immediatamente Burioni intervenne sul suo sito “Medical Facts” e parlò di “bufala”, subito ripreso dal mainstream.

Questo il testo di Burioni:

Gira una lettera di un ipotetico cardiologo di Pavia (ovviamente il nome non compare, per cui dobbiamo credere che esista con un atto di fede, che ben si intona con il periodo), un genio che ha capito tutto mentre l’intero mondo si sbaglia e che – guarda caso – ha anche trovato la soluzione: una cura semplicissima, quasi banale, che risolverebbe il problema, ovvero che bastano degli antinfiammatori per vincere il virus e rimuovere i divieti in quattro e quattr’otto. Purtroppo, così come il farmaco russo e il farmaco giapponese, anche questa è una scemenza di proporzioni immense. Lo scritto mette insieme alcune cose vere con altre scemenze olimpioniche, e arriva a conclusioni che definire senza senso è generoso. Insomma, anche in questo caso una bufala.

La foga censoria di Burioni, però, non venne seguita da tutti e, difatti, si scoprì che quel messaggio non era una fake, come dimostrato poi da altri articoli e interviste sull’utilizzo negli ospedali di farmaci anti-infiammatori e anticoagulanti e dalla sperimentazione con l’eparina, annunciata persino dal governatore del Veneto, Luca Zaia.

Non contento di questa prima figuraccia, il professor Burioni si è ripetuto in questi giorni sulla questione dell’utilizzo del plasma delle persone guarite.
Anche in questo caso una stroncatura rapida e totale, parlando di “sciocchezze” con riferimento al messaggio di un medico italiano nelle Isole Mauritius che parla degli ottimi risultati ottenuti con il plasma. Cosa scrive Burioni:

Oggi è la giornata del whatsapp di Mauro Rango che da isole lontane ci comunica che la cura già esiste ma non cielodicono. Per piacere, diventate capaci di distinguere da soli le sciocchezze dalle cose serie, soprattutto se siete miei colleghi. E se vi rendete conto che sono sciocchezze non le diffondete. Il Paese sta attraversando un momento difficile e l’ultima cosa di cui ha bisogno sono false notizie che possono disorientare i cittadini.

Parole pesantissime e clamoroso autogol, viste poi le testimonianze dirette del professor Giuseppe De Donno a Mantova e del professor Cesare Perotti a Pavia (la sperimentazione con il palsma è partita dal laboratorio di virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia diretto da Fausto Baldanti con cui Mantova ha avviato la collaborazione). Pronto alla giravolta ecco che Burioni ha innestato la retromarcia e si è autosmentito:

Non ho mai detto una parola contro il plasma o contro i colleghi che stanno portando avanti la sperimentazione. Oltretutto il vaccino non c’è, mentre il plasma c’è e se funzionasse potremmo usarlo domattina. Se fosse dimostrato che funziona, sarebbe una benedizione. Ma ci vuole una dimostrazione solida. Il plasma ha funzionato con il tetano, la rabbia, l’epatite A, l’epatite B. Non ha funzionato con l’Hiv e con l’epatite C. Se funzionasse sarebbe estremamente positivo, avremmo una possibilità di curare chi sta male e potremmo provarlo a dosi minori su chi si è appena ammalato.

Ma va? Non era un “metodo medioevale” come aveva sostenuto qualche altro illustre “scienziato”? In ogni caso, la potente lobby degli amici delle farmaceutiche, ha iniziato il fuoco di sbarramento nei confronti di De Donno, mandando i Carabinieri dei Nas a chiedere “informazioni” sulla sperimentazione in seguito all’intervista di una donna incinta guarita proprio grazie all’utilizzo del plasma.

Un segnale, un vero e proprio “avvertimento”, certamente non edificante, perché – come ha sottolineato il primario dell’ospedale Carlo Poma di Mantova – fino adesso non è mai stato contattato dall’Istituto superiore di Sanità (di quell’altro mezzobusto tv di Silvio Brusaferro) in compenso sono arrivati i Nas… «Proibire l’uso del plasma dei pazienti guariti, particolarmente ricco di anticorpi, è gravissimo e la comunità scientifica dovrà rispondere di questo ai cittadini» ha dichiarato De Donno.

Come detto, i Carabinieri si sono limitati a chiedere informazioni, ma c’è da chiedersi chi ha sollecitato questo intervento dei Nas che, solitamente, intervengono per accertare truffe e adulterazioni. Intanto, mentre “l’altra Italia” mette i bastoni tra le ruote di quella che studia e lavora, si è scoperto che il “plasma iperimmune” adesso viene utilizzato con successo anche in Cina e che, per sperimentare questa nuova cura, è iniziata la corsa un po’ in tutto il mondo (Stati Uniti in testa)… Ovunque non ci siano un Burioni, un Brusaferro o altri “scienziati” narcisisti a mettersi di traverso.

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