Vitamina D e Covid-19

di Mario Puoti, Alessandra Petrelli, Sara Gandini e Piero Sestili

Protezione da anosmia (perdita dell’olfatto) e ageusia (perdita del gusto), dal deterioramento clinico e dal rischio di ospedalizzazione: i “miracoli” della vitamina D per la prevenzione e la cura della Covid-19

Vitamina D: cosa è e a cosa serve

Con “vitamina D” intendiamo un gruppo di pro-ormoni liposolubili, sostanze che, in seguito ad alcune reazioni biochimiche, diventano forme attive e con azione biologica nell’organismo. Le più importanti forme nelle quali la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo, assunto con il cibo) e la vitamina D3 (colecalciferolo, derivante dal colesterolo, sintetizzato dall’organismo). Quest’ultima viene perlopiù sintetizzata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi solari (UVB). La Vitamina D agisce normalmente sul metabolismo di calcio e fosfato regolando il metabolismo osseo e minerale; non solo, le evidenze degli ultimi anni hanno dimostrato che agisce anche a livello di intestino, pancreas, prostata e le cellule del sistema immunitario, grazie all’espressione del suo recettore su questi tessuti e cellule. (1,2). Diversi studi hanno infatti dimostrato che la Vitamina D è capace di attivare la trascrizione di peptidi antimicrobici (3, 4, 5), influenza l’azione dei linfociti T (6,7,8), e riduce i livelli di molecole coinvolte nella infiammazione, come il TNF-a (9). La vitamina D agisce anche a livello del sistema renina-angiotensina (RAS), che regola la pressione arteriosa, ma che si ritrova anche nei polmoni. Infatti, questa vitamina può avere effetti protettivi contro il danno polmonare acuto attraverso la modulazione di ACE (enzima di conversione dell’angiotensina) e l’inibizione del sistema renina-angiotensina. (10, 17)

Quindi, qual è il ruolo della Vitamina D nelle infezioni respiratorie?

Una meta-analisi di Martineau et al. ha mostrato come la supplementazione di Vitamina D riduceva il rischio di infezione acuta del tratto respiratorio del 12%. Inoltre, livelli più alti di vitamina D si associavano ad una produzione più efficiente di anticorpi specifici nei confronti, ad esempio, del virus dell’influenza. (11) A questa meta-analisi si aggiungono ulteriori studi epidemiologici che hanno trovato un’associazione tra i bassi livelli di vitamina D e infezioni respiratorie, e tra la supplementazione di Vitamina D e la riduzione del rischio di infezione acuta del tratto respiratorio (12, 13, 14). Altri studi hanno dimostrato che la Vitamina D può indurre una potente risposta antivirale con efficace risposta infiammatoria in modelli in vitro di infezione da virus respiratorio sinciziale (RSV), tra le più comuni cause di infezione delle vie respiratorie, soprattutto nei bambini. (15)

…e nell’infezione da SARS-CoV-2?

L’infezione virale da SARS-CoV-2 provoca una sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) simile a quella causata dal coronavirus della SARS (SARS-CoV). Sia SARS-CoV-2 che SARS-CoV utilizzano lo stesso recettore, l’ACE2 (vi ricorda qualcosa?), per infettare le cellule. ACE2 è una molecola “omologa” (diremmo parente!!!) dell’enzima ACE. Per aver un funzionamento ottimale di tessuti e organi nel nostro organismo, l’espressione di ACE e di ACE2 deve essere bilanciata, cioè deve essere mantenuto un certo rapporto tra la “quantità” di uno rispetto all’altro enzima. [per approfondimento (16, 17, 18, 19)].

Perché questo rapporto tra ACE e ACE2 è così importante nell’infezione da SARS-CoV-2?

In topi infettati con SARS-CoV è stato dimostrato che sia la replicazione virale che la proteina spike (S) sono in grado di ridurre selettivamente l’espressione dell’ACE2, ma non di ACE. Tali risultati hanno suggerito che il fisiologico equilibrio ACE/ACE2, sbilanciato dall’infezione virale SARS-CoV, potrebbe essere una delle cause principali della grave insufficienza polmonare indotta dall’infezione di SARS-CoV. Dato che, come nel caso del SARS-CoV, anche la proteina S del SARS-CoV-2 interagisce con l’ACE2, è possibile che il meccanismo patogenetico possa essere condiviso tra i due virus. (20, 21, 22, 23).Qui entra in gioco la Vitamina D.La Vitamina D produce effetti benefici nella ARDS tramite una diminuzione della produzione di citochine/chemochine (e quindi limitando o prevenendo gli effetti della ormai nota “tempesta citochinica”), modulando l’attività di alcune cellule del sistema immunitario, mantenendo l’integrità della barriera epiteliale polmonare, e riducendo la coagulabilità. Per approfondimenti, consigliamo (24, 25, 26, 27). Anche l’Istituto Superiore di Sanità sta lavorando su questo tema. Infatti, è stato pubblicato un documento che sostiene la ricerca sulla vitamina D nell’ambito del COVID-19 partendo dalle considerazioni di una lettera pubblicata sull’American Journal of Physiology – Endocrinology and Metabolism da parte di un gruppo di ricercatori coordinati da Francesco Facchiano del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS, e una lettera di Hrvoje Jakovac, dell’Università di Rijeka (Croazia) dal titolo “COVID-19 and vitamin D- Is there a link and an opportunity for intervention?”.

Il razionale è che il mantenimento dei normali livelli plasmatici di Vitamina D dovrebbe giocare un ruolo significativo nel ridurre i rischi di infezioni acute delle vie respiratorie e potrebbe essere importante per il trattamento di due sintomi tipici della malattia da COVID-19, l’anosmia (perdita dell’olfatto) e l’ageusia (perdita del gusto). A Singapore, un piccolo studio osservazionale con 43 casi ha evidenziato come i pazienti COVID-19 che avevano ricevuto dosi orali di vitamina D (1000 UI), magnesio (150 mg) e vitamina B12 (500 microgrammi) avevano necessitato meno di ossigenoterapia ed erano significativamente protetti dal possibile deterioramento clinico. Bassi livelli di vitamina D sono stati riportati anche in pazienti con COVID-19 grave e in pazienti che presentavano condizioni mediche preesistenti. Questi dati sono stati confermati da altri studi epidemiologici. (28, 29, 30) Una serie di studi hanno, poi, valutato se i valori di vitamina D pre-esistenti (determinati durante l’anno precedente) potessero associarsi ad una positività per SARS-Cov-2: si evidenziava un’associazione tra carenza di Vitamina D (valori inferiori a 20 ng/mL) e positività per SARS-Cov-2. Questo suggerisce come persone con livelli carenti di Vitamina D possano essere soggetti ad un rischio sostanzialmente più elevato di contrarre il COVID- 19 (31). Livelli subottimali di vitamina D nel plasma possono essere un potenziale fattore di rischio per l’infezione da COVID 19, determinando un rischio addirittura doppio di ospedalizzazione tra la popolazione israeliana con COVID. (33)

Un altro studio, questa volta randomizzato, ha coinvolto pazienti spagnoli ricoverati per COVID-19 che hanno ricevuto la cura standard (in quel momento) a base di idrossiclorochina e azitromicina. In aggiunta, alcuni pazienti hanno ricevuto calcifediolo (che viene prodotto dal fegato convertendo la vitamina D3-colecalciferolo e poi convertito nei reni in calcitriolo) fino al congedo o all’eventuale ammissione in terapia intensiva.I risultati di questo studio hanno dimostrato come la somministrazione di una dose elevata di calcifediolo abbia significativamente ridotto l’accesso alla terapia intensiva dei pazienti che vengono ospedalizzati per COVID-19: di 50 pazienti trattati con calcifediolo, solo uno ha avuto necessità della terapia intensiva (2%), mentre dei 26 pazienti non trattati, la metà ha necessitato della terapia intensiva. Inoltre, dei pazienti trattati con calcifediolo nessuno è andato incontro a decesso e sono tutti stati dimessi senza ulteriori complicanze. (32)[Per ulteriori approfondimenti rimandiamo a: 35, 36, 37, 38, 39, 40]

Conclusioni

In base ai dati presenti in letteratura, e da una prospettiva puramente biologica, meccanicistica ed epidemiologica ci sono buoni motivi per suggerire che la vitamina D riduca i rischi di contrarre l’infezione da SARS-Cov-2 e migliori la prognosi delle persone entrate in contatto con il virus SARS-Cov-2, sia nella fase viremica precoce che in una fase iper-infiammatoria successiva di COVID-19. Infatti, la vitamina D sembra agire sul metabolismo dello zinco (41) -che diminuisce replicazione di coronavirus (42)- e modulare inoltre la funzione immunitaria sia innata che adattativa, (43) promuovendo la clearance virale e riducendo l’infiammazione. (44,45) Nonostante i dati a disposizione sostengano l’evidenza che un deficit di Vitamina D sia associato ad una prognosi peggiore dei pazienti COVID-19, una recente pubblicazione, ritiene insufficienti le evidenze a sostegno del suo effetto benefico in questo contesto. (46) Pertanto, si ritengono necessari studi clinici randomizzati correttamente disegnati per capire l’efficacia della supplementazione di Vitamina D sulla prognosi di pazienti COVID-19. La Vitamina D, in considerazione del basso costo e del suo elevato profilo di sicurezza, ha la potenzialità di entrare a far parte dell’arsenale terapeutico da utilizzare nella profilassi dell’infezione da SARS-Cov-2 nella popolazione generale, o quantomeno nei contatti dei pazienti COVID-19.

Bibliografia

1. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17634462/

2. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22886046/

3. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15712453/

4. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15322146/

5. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15985530/

6. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21131424/

7. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20515520/

8. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/3156926/

9. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29348609/

10. https://www.researchgate.net/…/317612645_Chronic…

11. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5310969/

12. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18298852/

13. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19237723/

14. https://www.medrxiv.org/con…/10.1101/2020.07.14.20152728v1

15. https://www.jimmunol.org/content/184/2/965

16. https://www.sciencedirect.com/…/pii/S0085253815517341

17. https://www.mdpi.com/1422-0067/18/3/563

18. https://www.ahajournals.org/…/01.HYP.0000185148.27901.fe

19. https://portlandpress.com/…/Discovery-and…

20. https://www.thelancet.com/…/PIIS2352-3964…/fulltext…

21. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19864379/

22. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16007097/

23. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32132184/

24. https://jamanetwork.com/…/jamainter…/fullarticle/2763184

25. https://www.sciencedirect.com/…/pii/S0960076020302442…

26. https://www.spandidos-publications.com/10.3892/mmr.2015.4685

27. https://www.jimmunol.org/content/181/10/7090

28. https://www.sciencedirect.com/…/pii/S1876034120305311…

29. https://www.medrxiv.org/con…/10.1101/2020.06.01.20112334v2

30. https://www.medrxiv.org/con…/10.1101/2020.05.01.20079376v2

31. https://jamanetwork.com/…/jamanetwo…/fullarticle/2770157

32. https://www.sciencedirect.com/…/pii/S0960076020302764…

33. https://www.biorxiv.org/…/10.1101/2020.06.21.162396v1.full

34. https://febs.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/febs.15495

35. https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.023925236. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32603576/

37. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/cen.14276

38. https://www.mdpi.com/2072-6643/12/5/1359/htm

39. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7202265/

40. https://www.researchgate.net/…/343543925_Immune…

41. Greger JL. Effect of Variations in Dietary Protein, Phosphorus, Electrolytes and Vitamin D on Calcium and Zinc Metabolism: Nutrient Interactions. Marcel Dekker; 1988:205-228

42. https://journals.plos.org/plospathogens/article?id=10.1371/journal.ppat.1001176

43. https://www.dovepress.com/vitamin-d-and-inflammatory…

44. https://www.mdpi.com/1422-0067/20/22/5811

45. https://www.thelancet.com/…/PIIS0140-6736(20…/fulltext

46. https://www.sciencedirect.com/…/pii/S1876034120305311

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