di Simone De Meo, su “La Verità” dell’8 maggio 2020
Di sé dice: «Ex bimbo prodigio, tengo tutto a mente». Ma colleziona incarichi senza riferire le incompatibilità. Come quando propose all'ISS (che era scettico) il vaccino della casa farmaceutica di cui era stato consulente.
Quel gran cervellone di Walter Ricciardi, in una memorabile intervista del luglio 2017 all’agenzia Dire, così parlava di sé: «Riuscivo a memorizzare tutto, soprattutto durante le lezioni, cosi a casa studiavo poco e poi riuscivo a cavarmela j … ]. Ho sempre avuto una memoria molto forte[ … ], imparavo tutti i copioni e, in più, memorizzavo nozioni diciamo “strane”. Mi ricordo che quando ero molto piccolo, intorno ai 4 anni, mio zio mi portava in giro quasi come un’esibizione perché conoscevo tutti i calciatori delle figurine Panini. I nomi, dove giocavano, dove erano nati. E poi le capitali del mondo… Diciamo che ero additato come bambino prodigio dai miei parenti».
PUPILLO DELLA LORENZIN
Con siffatte capacità risulta, quindi, davvero incomprensibile come il Papa nero della sanità pubblica italiana dimentichi, con una sistematicità che sfocia quasi nell’abitudine, di segnalare i potenziali conflitti d’interessi che riguardano sé stesso e le strutture da lui dirette. E non ci riferiamo ai casi sollevati prima dal libro VacciNazione di Giulia Innocenzi e poi dalla trasmissione Le lene sulla guerra di carte bollate con il Codacons, che aveva accusato l’Osservatorio sulla salute delle Regioni, coordinato da Ricciardi, di aver ottenuto sponsorizzazioni da quattro aziende farmaceutiche (Crucell, Gsk, Pfizer, Sanofi Pasteur Msd) peri il piano Prevenzione Italia 2015. Guerra poi conclusasi con un proscioglimento del gip di Roma a favore dell’associazione dei consumatori, querelata per diffamazione da Ricciardi, essendo la «sponsorizzazione [ … ] oggettivamente dimostrata».
Il virus della smemoratezza lo ha colpito altre volte, in questi anni. Stando all’interrogazione parlamentare dell’eurodeputato grillino Piernicola Pedicini, nelle dichiarazioni d’interesse alla Commissione europea (2013-2014-2016), il nostro Pico della Mirandola non aveva indicato la «partecipazione al comitato degli esperti delta rivista Italian health policy brief, dal novembre 2011 fino al quarto numero del 2015, e il suo ruolo di editore scientifico delta rivista Public health and health policy per due numeri del 2015», quando cioè già era al vertice dell’Istituto superiore delta sanità. Entrambi i giornali erano editi da Altis omnia pharma service srl, società di servizi che si occupa di «market access» (leggi lobbying). Con lui nell’avventura editoriale c’era Eleonora Benfatto, eterea bellezza veneta che, dopo aver vinto Miss Italia nel 1989 e lavorato in tv al fianco di Jerry Scotti, ha scoperto la politica diventando, nella scorsa legislatura, assistente parlamentare di una senatrice del Nuovo centrodestra, il partito dell’allora ministro delta Salute, Beatrice Lorenzin, gran sostenitrice delta nomina di Ricciardi a commissario prima e presidente poi dell’Istituto Superiore della Sanità. E c’era pure Marcello Pratesi, arrestato durante Tangentopoli per aver consegnato 200 milioni di lire all’allora cassiere delta Lega Nord, per conto della Montedison e della Ferruzzi Finanziaria, di cui era responsabile delle relazioni istituzionali.
LE ALTRE DIMENTICANZE
Perché l’ex bimbo dalla memoria di ferro non aveva riportato queste indicazioni nella sua dichiarazione d’interesse? Nemmeno in Europa se lo sono spiegato, tant’è che, nella risposta di Vytenis Andriukaitis all’atto ispettivo, si legge che «la Commissione inviterà il professore a precisare ulteriormente tali attività». Tiratina d’orecchi. Anche da membro dell’European advisory committee on health research dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (luglio 2012 – luglio 2014), Ricciardi avrebbe dimenticato di segnalare che «negli ultimi 4 anni ha ricevuto una remunerazione da un’entità commerciale o altra organizzazione correlata con un argomento relativo all’oggetto di discussione dell’incontro o del lavoro» (i vaccini). Sappiamo, infatti, sempre dalle dichiarazioni in sede europea, che Ricciardi, dal 2007 al 2012, era stato consulente di nove case farmaceutiche (Novartis, Menarini, Ibsa, GlaxoSmithKline, Pfizer, Astellas Pharma, Amgen Dompè, Wyeth Lederle e Sanofi Pasteur) per 15 prodotti tra farmaci e vaccini, appunto. Alcuni dei quali erano stati proposti per l’inserimento nel piano nazionale di vaccinazione in Italia dalla commissione di cui lui era membro di diritto. È il caso dei vaccini per il meningococco B (Novartis), per il papilloma virus (GlaxoSmithKline e Sanofi Pasteur) e per il pneumococcico (Pfizer e Wyeth Lederle). Per sostenere l’obbligatorietà dell’antimeningococco, Ricciardi si era schierato addirittura contro il suo stesso Istituto, che lo considerava ancora poco affidabile, essendo «i dati di esperienza post commercializzazione [ … ] limitati». Alla fine, il farmaco era stato declassato a «fortemente consigliato».
In Italia, però, questi intrecci, Ricciardi non li ha mai rivelati. D’altronde, la normativa nel nostro Paese è assai più opaca che altrove: per diventare il capo dell’Istituto Superiore di Sanità non è necessario compilare la dichiarazione d’interesse che esiste, invece, solo nel codice etico. Peraltro, curiosamente, lo stesso giorno del varo del piano nazionale vaccini (7 giugno 2017), l’Università Cattolica di Roma – dove ha la cattedra Ricciardi · aveva deciso di reclutare un posto di professore di prima fascia per Igiene generale e applicata grazie al finanziamento delta Merck Sharp e Dohme, una delle maggior aziende di medicinali al mondo. All’epoca, secondo la senatrice Nerina Dirindin, firmataria di una interrogazione parlamentare rimasta senza risposta, Ricciardi sarebbe risultato ancora direttore dell’Istituto di sanità pubblica dell’Ateneo, nonostante dal 1 settembre 2015 avesse dichiarato di essere in «aspettativa senza assegni» perché chiamato dalla ministra Lorenzin alla guida dell’lss. Sull’ubiquità di incarichi e funzioni del nostro aveva provato a indagare pure l’allora deputato Alberto Giorgetti, visto che Ricciardi aveva fatto richiesta, in quello stesso periodo, di essere inserito nella «lista degli aspiranti commissari sorteggiabili» per gli esami dei futuri docenti universitari a cui possono ambire solo i «professori ordinari in servizio». D’altronde, ai reclutamenti professionali il professor Ricciardi è attento da sempre. seppur con alterna fortuna. Nella task farce scientifica anti coronavirus, aveva inserito sua figlia Maria Luisa, ma poi la nomina è saltata. È rimasta invece nel programma di collaborazione Italia-Cina sul Covid-19 la professoressa Stefania Boccia, figlia del professor Antonio Boccia. Potentissimo barone universitario del Policlinico romano e componente della commissione interministeriale sui prezzi dei farmaci, finito in manette per corruzione nel 1993 e condannato dalla Corte dei conti a risarcire 250.000 euro allo Stato italiano per danno d’immagine, Boccia è stato, insieme a Bruno Angelillo, fondatore delta scuola napoletana di igiene e suocero di Ricciardi, il maestro del nostro «bambino prodigio» e suo coautore in numerosi lavori scientifici. Da presidente dell’lss, Ricciardi aveva autorizzato la nomina, con «giudizio di eccellenza», di Piero Anversa e Annarosa Leri in qualità di esperti di cellule staminali. Entrambi firmatari di un lavoro scientifico che nel 2014 era stato ritirato dalla rivista Circulation per inattendibilità, e rimossi dai rispettivi incarichi ad Harvard.
A proposito di poltrone: sempre durante la guida dell’Iss, Ricciardi era stato pure vicepresidente del Cnccs (maggio 2016-luglio 2019), un consorzio pubblico-privato costituito nel 2010 da Irbm (70%), Cnr (20%) e Jss (10%). La Irbm è una piccola azienda farmaceutica di Pomezia di proprietà di Pietro Di Lorenw, un ex produttore di fiction per la Rai di stretto rito renziano. Negli anni, la Irbm ha ottenuto 60 milioni di finanziamenti dalla Regione Lazio (governata da Nicola Zingaretti), dal Miur e dal Cipe, di cui era segretario Luca Lotti.
DA MONTI A CALENDA
La politica, del resto, non è un mare sconosciuto per l’ex «bimbo prodigio» che recitava nei film di Mario Merola: ha fatto parte della montezemoliana Italia futura ed è stato candidato senza fortuna per la lista di Mario Monti, da cui ha spiccato il volo per Azione, il cespuglietto europeista di Carlo Calenda, altra promessa mancata del cinema. Chiaro che, con queste idee, Ricciardi non andasse d’accordo con il governo grillo-leghista. Da cui divorziò nel gennaio 2.019 accusandolo di «essere anti-scientifico e contro i vaccini» e dimettendosi da presidente dell’lss. Salvo però ricredersi sul governo grillo-piddino, diventando, dall’inizio dell’epidemia, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza. Tre giorni fa, ha di nuovo minacciato la serrata se la fase 2 si rivelerà complicata da gestire. E torna alla mente un suo tweet in cui scriveva: «Credo che come per Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna sia opportuno che gli italiani sperimentino sulla loro pelte quello che “salvatori” come Amato, Ciampi e Monti gli hanno finora evitato, solo provando quelle sofferenze potranno capire». Non proprio un augurio di speranza (questa volta con la minuscola).
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