Più batteri e meno antibiotici per acne e dermatite atopica

Il microbioma cutaneo sta assumendo sempre maggiore importanza come potenziale intervento terapeutico nella malattia della pelle indotta da processi infiammatori. Recenti pubblicazioni in proposito sulla dermatite atopica e sull’acne vulgaris hanno messo in luce l’importanza del microbiota cutaneo nella patogenesi di queste malattie.

Allo stato attuale la gestione clinica in questi ambiti si limita a controllare la risposta infiammatoria che si pensa sia associata a specifici agenti patogeni, determinando l’utilizzo di antimicrobici sia topici che sistemici. Tuttavia, è stato dimostrato che anche il microbiota commensale localizzato naturalmente sulla pelle svolge un ruolo importante nella risoluzione delle manifestazioni più intense della patologia.

In aggiunta a ciò non è sconosciuto il fatto che, ebbene efficaci, i trattamenti principali non sono privi di effetti avversi e destano preoccupazioni per quanto riguarda lo sviluppo della resistenza antimicrobica.

Da qui l’idea di modificare in qualità e quantità la popolazione batterica che colonizza fisiologicamente la nostra cute con una bioterapia mirata potrebbe rivoluzionare il modo in cui vengono trattate le condizioni infiammatorie della pelle.

Il punto di partenza è costituito dal sequenziamento genomico di questa flora batterica, ma il passo successivo di non minore importanza sarà il comprendere il collegamento tra batteri e risposta immunitaria, soprattutto quando le problematiche dermatologiche acquistano caratteristiche di cronicità.

Woo, T. E., & Sibley, C. D. (2020). The emerging utility of the cutaneous microbiome in the treatment of acne and atopic dermatitis. Journal of American Academic Dermatology, 82(1), 222–228. http://doi.org/10.1016/j.jaad.2019.08.078

Gino Santini
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Direttore dell'Istituto di Studi di Medicina Omeopatica di Roma. Segretario Nazionale SIOMI. Giornalista pubblicista. Appassionato studioso di costituzioni e del genere umano.

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