Effetti ormetici e DNA microarray: una solida piattaforma sperimentale per lo studio della farmacologia delle microdosi

di Andrea Dei, da “HIMed” 4: 2, novembre 2014

Per un chimico, qual io sono, il fatto che l’ interazione di un organismo vivente con una sostanza estranea implichi  effetti qualitativamente diversi e spesso opposti in funzione della quantità della sostanza stessa,  non è mai stato difficile da accettare. Nella letteratura corrente questo fenomeno è chiamato ormesi​1​ ​2​ e ai miei occhi esso descrive sinteticamente il comportamento di ogni organismo vivente nei confronti delle perturbazioni esterne. In passato ho sostenuto sulle pagine di questo giornale come ormesi e medicina integrata fossero caratterizzati dallo stesso paradigma.  Tale affermazione ha lasciato perplesso qualche professionista del settore, anche perché al di fuori della dimensione culturale promossa dalla SIOMI, il concetto di medicina integrata mi sembra che appaia spesso nebuloso, viste le sentenze tentative e facoltative che si leggono o si ascoltano correntemente. Talchè, se a parole si tenta di integrare quello che nel profondo dell’anima si vuole tenere per principio rigidamente separato, l’opera presenta qualche difficoltà in più e si guarda con occhi storti ai paradigmi unificanti. Questo vale in particolare per i medici che adottano l’omeopatia come metodo terapeutico e che per primi dovrebbero essere attratti dall’ormesi, in quanto essa è potenzialmente in grado di fornire una base sperimentale per supportare l’efficacia della loro metodologia.​3,4​ Ma, riprendendo le parole di Bellavite,​5​ autore peraltro di apprezzabili studi sull’efficacia dei medicinali omeopatici,  il carattere olistico dell’ omeopatia come metodo di cura va oltre la necessità dell’identificazione di una informazione specifica. Poiché questo pensiero è condiviso da molti professionisti anche con maggiore virulenza, è naturale sentire tutti i distinguo, se non addirittura le critiche e i tentativi di svalutazione, espressi con quel sentimento che a me appare un triste e ingiustificato anelito di  autoreferenza.​6​

Tuttavia questo comportamento non può essere considerato una novità nell’ ambito della società umana dal momento che si è sempre verificato che un gruppo di potere culturale cerchi  di negare l’ accesso a un altro gruppo, se si ritiene che questo secondo invalidi il potere del primo. Per contro, se si tenta di osservare le cose prescindendo dal pregiudizio, ovvero si adotta una posizione mentale che distingue la scienza dallo scientismo basato su un preteso diritto all’ autoreferenza,  mi sembra ovvio che con l’adozione dell’ormesi si possano aprire  nuove prospettive che possono modificare profondamente lo sviluppo della farmacologia e del pensiero medico in toto. Fra parentesi ricordo che questo è un compito statutario della società scientifica della quale questo giornale è espressione. Accettare il concetto di ormesi, peraltro radicato inconsapevolmente da secoli nei diversi metodi terapeutici, in questo senso può aiutare prima di tutto perché l’ormesi si è guadagnata il merito di aver messo in evidenza l’inadeguatezza dei modelli farmacologici e tossicologici postulati dalla medicina ortodossa e poi perché, partendo da una base sperimentale solida e affidabile,  può permettere di concepire una farmacologia che adotti anche le microdosi nella pratica terapeutica corrente.

  Ho scritto più volte, anche se il pensiero non è da ritenersi originale, che la medicina ortodossa abbia raggiunto il suo innegabile enorme successo assumendo che la complessità di un organismo e delle sue anomalie possa essere assunto o almeno interpretabile come la risultante del concorso di una serie di eventi semplici.  Questo modo di pensare è  analogo a quello seguito da tutta la scienza dell’Ottocento. Una tale concezione l’ha portata ad assumere l’esistenza di una correlazione diretta fra la dose di un farmaco e il suo effetto terapeutico (risposta) , che viene espressa nei testi di farmacologia dalla ben nota curva sigmoidale che compare nel diagramma che si ottiene riportando il logaritmo della concentrazione del farmaco contro l’intensità della risposta. Questa ipotesi che è stata trovata essere verificata in un intervallo limitato di concentrazioni di farmaco, è tutt’oggi adottata nella farmacologia moderna. Tuttavia, quando la dose di farmaco diminuisce, si osserva comunemente una risposta inversa a quella osservata a dosi più alte e la curva nella sua interezza non è più descrivibile come sigmoidale ma piuttosto a forma di J. Questa caratteristica, che definisce come ormetico il comportamento di un sistema biologico perturbato, giustifica tutte le metodologie terapeutiche che utilizzano basse dosi di farmaco, incluse quelle che si basano sul concetto del simile.

Come discuteremo più avanti, la risposta alla perturbazione dell’ organismo vivente è  estremamente complessa da razionalizzare e per di più è estremamente difficoltosa da caratterizzare specie quando l’ agente perturbante, nella fattispecie il farmaco, è presente in concentrazioni molto diluite. Poiché la tradizionale analisi chimico-fisica strumentale presenta limiti di sensibilità non adeguati, alcuni gruppi di ricerca, incluso il gruppo di Firenze di cui faccio parte, hanno deciso di utilizzare la tecnica dei DNA-microarray per evidenziare la variazione dei profili di espressione genica perturbati con soluzioni contenenti quantità variabili di farmaco, includendo alcuni fra i più comuni rimedi omeopatici. Tale tecnica è particolarmente laboriosa e i risultati fino ad ora raccolti sono limitati. Tuttavia i pochi dati a disposizione sono in grado di suggerire la potenzialità di informazioni che si possono ottenere da questi studi.

 DNA-MICROARRAYS E PROFILI DI ESPRESSIONE GENICA

I microarray sono in grado di fornire informazioni utili sui bersagli di una qualsiasi sostanza che venga a interagire con un sistema biologico. Per esempio la proteina bersaglio di un pricipio attivo farmacologico può essere identificata identificando il gene che, esprimendosi, causa gli stessi cambiamenti del farmaco. Lo studio dell’ insieme dei geni espressi dall’azione del farmaco fornisce informazioni sull’insieme di processi biologici indotti dall’ azione del farmaco stesso. Pertanto lo studio della variazione di espressione genica permette di comprendere i differenti effetti provocati da un trattamento terapeutico effettuato assumendo un certo farmaco a dosi diverse.

La tecnica sfrutta il fatto che solo alcuni dei 20.000-25.000 geni costituenti il genoma sono utilizzati per produrre il mRNA e questo numero dipende dalle condizioni particolari in cui avviene l’ interazione fra i geni e il farmaco. La tecnica pertanto è particolarmente adatta per studiare il comportamento di un genoma in seguito all’interazione di un particolare agente perturbante (il farmaco) in differenti concentrazioni. Il grande vantaggio è inoltre che la tecnica è estremamente sensibile, molti ordini di grandezza di più di quella che caratterizza ogni altra metodologia.

Quando a Firenze abbiamo considerato l’utilizzazione di questa tecnica, la sfida era quella di stabilire cosa si sarebbe potuto imparare lavorando in condizioni ben diverse da quelle comunemente  utilizzate nella pratica di ricerca. Come banco di prova, studiammo come lo ione rameico in diverse concentrazioni altera i profili genici delle cellule epiteliali della prostata umana (RWPE-I).​7​ Si confrontarono i profili genici di cellule RWPE-I trattati con soluzioni acquose non succusse di solfato rameico in concentrazioni varianti fra 10-6 e 10-17 M e quelli delle stesse cellule trattate con acqua. Il confronto riguardò circa 41.000 geni per avere uno studio completo. I dati raccolti mostrarono che l’addizione di ione rameico modulava significativamente l’ espressione genica a tutte le concentrazioni, anche se gli effetti maggiori si osservavano per le soluzioni più concentrate.

Il risultato più rilevante fu l’osservazione che mentre due gruppi di geni, come conseguenza del trattamento, erano sottoespressi e sovraespressi a tutte le concentrazioni, un terzo gruppo mostrò la presenza di geni che invertivano la loro espressione al variare della concentrazione (164 sovraespressi nell’intervallo 10-6-10-9 M, che diventavano sottoespressi a concentrazioni più basse). Tale geni vennero identificati come codificanti l’ATPasi, proteine istoniche, proteine HS, metallotioneine e fattori regolanti la trascrizione. Un secondo gruppo di 244 geni fu trovato essere sottoespresso nell’ intervallo 10-6-10-13 M di rame e essere sovraespresso a concentrazioni più basse (lisil ossidasi E e vettori di trasporto ionico). Per finire un terzo gruppo di 233 geni fu trovato essere sovraespresso nell’intervallo 10-6 -10-14 M e sottoespresso a concentrazioni più basse (geni associate citocromo-ossidasi, alcune proteine HS, metallotioneine, ribosomi e ubiquitina). Nello stesso lavoro tali risultati furono confermati da studi indipendenti di RT-PCR a varie concentrazioni su quattro geni specifici scelti fra quelli che invertivano la loro espressione.

Questo studio in sintesi ci permise di determinare la variazione di espressione genica a concentrazioni molto più basse di quelle associate alla risposta farmacologica e mise in evidenza che sequenze di effetti ormetici erano operativi in ben definiti campi di concentrazione. Per finire lo studio sottolineò che la variazione dell’espressione genica avveniva senza dubbio anche a concentrazioni estremamente diluite.

DNA-MICROARRAYS E RIMEDI OMEOPATICI

            Alcuni anni fa Khuda-Bukhsh formulò l’ipotesi che l’azione dei farmaci omeopatici ultradiluiti  fosse dovuta all’induzione di effetti biologici con conseguente effetto di variazione del profilo dell’espressione genica.​8​ L’azione dei farmaci omeopatici ultradiluiti è, come tutti sanno, una questione estremamente controversa (per una recente review sull’argomento vedi Bellavite et al.)​9​ e spero non venga considerato pensiero storpio il sostenere che le ipotesi che circolano si attagliano allo speculativo. L’ipotesi di Khuda-Bukhsh fu naturalmente fortemente confutata, anche se a me sembra che essa in prima approssimazione  sia supportata da una serie di studi utilizzanti DNA-microarray. Sfortunatamente tali studi sono stati effettuati utilizzando una singola diluizione del rimedio omeopatico e non è quindi possible mettere in evidenza l’esistenza di effetti ormetici.

            Facendo un breve riassunto dei lavori pubblicati  ricordo che de Oliveira et al. hanno riportato gli effetti di Canova, un complesso omeopatico contenente una serie di prodotti a diluizioni comprese fra la 5 e la 9CH, sulla produzione di citochina sui macrofagi murini.​10​ Gli autori hanno messo in evidenza la variazione di espressione di 147 geni rispetto al controllo. Lo stesso Khuda-Bukhsh ha mostrato che i profili di espressione delle cellule HeLa trattate con Condurango 30CH and Hydrastis canadensis 30CH mostrano oltre 100 geni differentemente espressi rispetto al placebo.​11​ Ancora Preethi et al. hanno studiato gli effetti di diverse preparazioni omeopatiche (Ruta 200CH, Carcinosinum 200CH, Hydrastis 200CH, Thuja 200CH) su cellule del linfoma di Dalton, suggerendo che tali farmaci ultradiluiti mostrano una attività citotossica più grande rispetto alla tintura madre di tali farmaci.​12​ Recentissimamente Marotti et  al. hanno mostrato che semi di grano di una settimana trattati con triossido di diarsenico 45DH subiscono una riduzione generale dell’espressione genica, rispetto ai non trattati.​13​

            Questi studi sono significativi, come discuteremo successivamente, ma in un contesto generale hanno valore idiografico. Tuttavia due studi recenti  condotti utilizzando rimedi omeopatici a varie concentrazioni supportano l’esistenza di effetti ormetici. Gli studi riguardano Gelsemium sempervirens e Apis mellifica.  Gelsemium è un rimedio che ha attività ansiolitica e potenzialmente antitumorale, anche se il suo meccanismo di azione è in gran parte sconosciuto. Uno studio molto interessante sugli effetti  dell’estratto di questa pianta è stato riportato di recente da Bellavite e collaboratori.​14​ Lo studio ha mostrato che quando cellule umane di neuroblastoma sono trattate per 24h a soluzioni  di  Gelsemium  (2CH, 3CH, 4CH, 5CH, 9CH e 30CH), i microarray mostrano che si ha un grande effetto sull’espressione di numerosi geni (56 di cui 49 sottoespressi e 7 sovraespressi). Gli autori sottolineano che l’effetto è significativo a tutte le diluizioni e che i geni implicati hanno un ruolo sull’omeostasi del calcio, sul recettore della proteina G, sulla risposta antinfiammatoria e sui recettori neuropeptidici. Questo porta gli autori a suggerire che l’azione del farmaco blocca l’azione eccitatrice di alcuni neuroni. Sebbene non sottolineato dagli autori, i dati riportati mostrano una chiara esistenza di meccanismi ormetici alle varie concentrazioni.

L’Apis mellifica  è da migliaia di anni usata per lenire gli effetti infiammatori dovuti a artrite e reumatismi e è utilizzata tutt’ oggi in omeopatia anche come anti-infiammatorio. Come gruppo di Firenze, abbiamo utilizzato soluzioni dinamizzate 3CH, 5CH e 7 CH di questo rimedio​15​ per esaminare l’ espressione genica di cellule RWPE-1, come già abbiamo descritto precedentemente per lo ione rameico. Poichè la soluzione madre era in etanolo al 65% (e diluita 1:100) il solvente usato per il controllo conteneva la stessa percentuale di etanolo e era successivamente dinamizzato. .

Abbiamo trovato che tutte le soluzioni utilizzate modulavano un numero rilevante di geni, inclusa la 7CH che corrisponde a una concentrazione10-16 M. Ancora una volta, mentre alcuni geni  mostravano la stessa espressione a tutte le concentrazioni,  altri mostravano una attività dipendente dalla concentrazione e che quindi indicavano l’esistenza di processi ormetici. La grande differenza si osservava fra la tintura madre e le soluzioni diluite del farmaco. In accordo al fatto che le diluizioni omeopatiche dovevano mostrare un’attività antifiammatoria e antiedema, si è osservato che l’interleuchina IL1b, citochina dalle proprietà infiammatorie, era sovraespressa nella tintura madre e sottoespressa nelle diluizioni di Apis mellifica. I dati sono stati confermati da analisi RT-CPR su 5 geni indipendenti.  C’è da notare che solo il farmaco diluito, a differenza della tintura madre, sovraesprime i membri della famiglia della Rho-GTPasi che agiscono contro i processi infiammatori.  In conclusione i dati osservati giustificavano pienamente l’utilizzazione del farmaco diluito come anti-infiammatorio e indicavano senza ombra di dubbio che le preparazioni a diuluizione omeopatica avevano effetti biologici.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

             La risposta di un organisno vivente a un agente perturbante deve essere considerata una proprietà emergente di un sistema non-lineare e non può essere interpretata con grezza approssimazione come una relazione lineare, che è valida solo per un insieme di eventi indipendenti. I farmacologi e i medici in genere si trovano in difficoltà col concetto di sistema non-lineare perchè culturalmente non vi sono preparati e trovano difficile concepirlo nella sua completa prospettiva scientifica. In particolare non è facile per loro, e non lo è per nessuno, trarre una interpretazione non ambigua dai dati sperimentali, quando essi sono controllati da un grande numero di parametri e dipendono non solo alla natura dell’ organismo, ma in maniera significativa dal suo particolare stato fisiologico. Il recente progresso tecnologico ha reso possible con i DNA-microarray avere informazioni sulla reazione di un certo gruppo di cellule all’azione perturbante di un agente esterno. La variazione dell’espressione genica è la misura sia del particolare stato fisiologico che della reazione alla perturbazione. A questo punto è sempre bene ricordare che l’esperimento è solo un mezzo e non costituisce l’essenza della nostra possible conoscenza. Tuttavia l’ informazione che si riesce a ottenere non va sottovalutata in quanto è la piattaforma che ci permette di decidere una logica da seguire.

I risultati qui riassunti suggeriscono che l’azione dei farmaci non è annullata dalla ultra-diluizione e implica una modulazione dell’espressione genica. Questo risultato supporta la criticata ipotesi che Khuda-Bukhsh formulò nel 1997. I dati sperimentali sembrano mostrare che, anche se l’effetto si attenua con la diluizione, esso permane in maniera significativa. Questo risultato, che sfida il dogna della quantizzazione della materia, va tuttavia confermato e mi astengo dal commentarlo ulteriormente, dal momento che potrebbero esserci altri fattori in gioco. Ricordo solo la sua analogia con l’eidos di Platone e l’ “élan vital” di Bergson. Tuttavia voglio sempre ricordare che una cosa è il dato dell’espressione genica e una cosa è l’efficacia terapeutica di un certo farmaco a una certa diluizione, che va sempre dimostrata.

Dal mio punto di vista la più importante considerazione da fare sta nel fatto che i profili genici  di sistemi cellulari trattati con diverse quantità di farmaco, l’agente perturbante, mostrano reattività qualitativamente diversa in funzione della concentrazione, suggerendo che processsi ormetici sono sempre operativi. Questo è messo in evidenza sia nel caso dello ione rameico, che nei casi del Gelsemium sempervirens e dell’Apis mellifica. Questo può costituire la prova della giustificazione a livello molecolare del concetto di simile. La considerazione, sebbene decisamente innovativa e ancora poco compresa, rafforza i principi della Medicina Integrata, come anticipato in Italia dai promotori di tali concetti. Infatti quello che io ritengo estremamente importante è che questi risultati mostrano quanto una valutazione della dinamica degli effetti ormetici possa fornire una base solida per lo studio della farmacodinamica e l’applicazione di tali studi alla medicina moderna. Non va infatti dimenticato che l’accettazione dell’ormesi implica che l’ intera terapia farmacologica tradizionale debba essere  accuratamente riconsiderata nei suoi aspetti farmacocinetici, dal momento che quando  la biodisponibilità del farmaco raggiunge concentrazioni significativamente basse, si può verificare l’ insorgenza di nuovi effetti avversi o di effetti non desiderati.

Ringraziamento – Si ringraziano la Regione Toscana e i Laboratoires Boiron per il supporto finanziario e l’ incoraggiamento.

  1. 1.
    Calabrese E, Baldwin L. Defining hormesis. Hum Exp Toxicol. 2002;21(2):91-97. doi:10.1191/0960327102ht217oa
  2. 2.
    Calabrese E. Hormesis and medicine. Br J Clin Pharmacol. 2008;66(5):594-617. doi:10.1111/j.1365-2125.2008.03243.x
  3. 3.
    Teixeira M. “Paradoxical strategy for treating chronic diseases”: a therapeutic model used in homeopathy for more than two centuries. Homeopathy. 2005;94(4):265-266. doi:10.1016/j.homp.2005.08.018
  4. 4.
    Bernardini S, Dei A. Hormesis may provide a central concept for homeopathy development. Toxicol Appl Pharmacol. 2006;211(1):84-85; author reply 86. doi:10.1016/j.taap.2005.11.004
  5. 5.
    Bellavite P, Chirumbolo S, Marzotto M. Hormesis and its relationship with homeopathy. Hum Exp Toxicol. 2010;29(7):573-579. doi:10.1177/0960327110369771
  6. 6.
    Oberbaum M, Singer S, Samuels N. Hormesis and homeopathy: bridge over troubled waters. Hum Exp Toxicol. 2010;29(7):567-571. doi:10.1177/0960327110369777
  7. 7.
    Bigagli E, Luceri C, Bernardini S, Dei A, Dolara P. Extremely low copper concentrations affect gene expression profiles of human prostate epithelial cell lines. Chem Biol Interact. 2010;188(1):214-219. doi:10.1016/j.cbi.2010.06.009
  8. 8.
    Khuda-Bukhsh A. Potentized homoeopathic drugs act through regulation of gene-expression: a hypothesis to explain their mechanism and pathways of action in vitro. Complementary Therapies in Medicine. Published online March 1997:43-46. doi:10.1016/s0965-2299(97)80090-8
  9. 9.
    Bellavite P, Marzotto M, Olioso D, Moratti E, Conforti A. High-dilution effects revisited. 2. Pharmacodynamic mechanisms. Homeopathy. 2014;103(1):22-43. doi:10.1016/j.homp.2013.08.002
  10. 10.
    de O, de O, Goes V, Probst C, Krieger M, Buchi D. Gene expression profiling of macrophages following mice treatment with an immunomodulator medication. J Cell Biochem. 2008;104(4):1364-1377. doi:10.1002/jcb.21713
  11. 11.
    Khuda-Bukhsh AR, Saha SK, Roy S. Evidence in support of gene regulatory hypothesis: Gene expression profiling manifests homeopathy effect as more than placebo. Int J High Dilution Res. Published online December 2, 2021:162-167. doi:10.51910/ijhdr.v12i45.635
  12. 12.
    Preethi K, Ellanghiyil S, Kuttan G, Kuttan R. Induction of Apoptosis of Tumor Cells by Some Potentiated Homeopathic Drugs. Integr Cancer Ther. Published online July 19, 2011:172-182. doi:10.1177/1534735411400310
  13. 13.
    Marotti I, Betti L, Bregola V, et al. Transcriptome Profiling of Wheat Seedlings following Treatment with Ultrahigh Diluted Arsenic Trioxide. Evid Based Complement Alternat Med. 2014;2014:851263. doi:10.1155/2014/851263
  14. 14.
    Marzotto M, Olioso D, Brizzi M, Tononi P, Cristofoletti M, Bellavite P. Extreme sensitivity of gene expression in human SH-SY5Y neurocytes to ultra-low doses of Gelsemium sempervirens. BMC Complement Altern Med. Published online March 19, 2014. doi:10.1186/1472-6882-14-104
  15. 15.
    Bigagli E, Luceri C, Bernardini S, Dei A, Filippini A, Dolara P. Exploring the effects of homeopathic Apis mellifica preparations on human gene expression profiles. Homeopathy. Published online April 2014:127-132. doi:10.1016/j.homp.2014.01.003

Be the first to comment

Leave a Reply