La pandemia del Coronavirus ha scoperchiato il calderone senza fondo delle incapacità umane. Chi ci governa pretende dalla scienza (anzi, da una non meglio identificata “comunità scientifica”) risposte esatte e precise ad un problema complesso. E premia gli scienziati precisi e senza dubbi (beati loro!) facendoli entrare in una task force “decisionale”, creando così un falso circuito di rassicurazione reciproca.
Abbiamo sotto gli occhi una regione, il Veneto, che ha portato risultati concreti e ineccepibili nel confinamento dell’epidemia, e invece di investigare a fondo quel modello (Crisanti evidentemente ha troppi dubbi e non è simpatico agli eletti “duri&sicuri” dello scientismo imperante) si adottano strategie casuali e ipotetiche. A spese di un intero paese. Un esempio concreto riguarda il vaccino, che si pretende pronto in tempi brevissimi, magari saltando anche step importanti del normale percorso di produzione, quando ancora non sappiamo se gli anticorpi conferiscono protezione o se questo ipotetico vaccino riuscirà a coprire le inevitabili mutazioni virali che, è bene saperlo fin da ora, saranno la causa principale delle prossime ondate infettive.
Prendo in prestito le parole di Starbuk (è il nickname di un chimico farmaceutico di cui non conosco il nome, ma del quale ho grande stima) per una sintesi finale: “Non c’è ancora ma… sarà la soluzione all’epidemia. Non si sa se e quando verrà approvato ma… sarà obbligatorio. Non se ne può immaginare neanche l’efficacia ma… ci proteggerà tutti. Notevole, la strategia Vaccino-che-non-c’e’, seconda stella a destra e poi dritti verso la fine.”
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