L’ombra di un pregiudizio sulla strada di un grande divulgatore scientifico

di Gino Santini – Da “Omeopatia33” del 9 settembre 2022

Lo ammetto: anche io, come molti della mia generazione, sono cresciuto a pane e SuperQuark. È una premessa doverosa, perché non vorrei sembrare una voce fuori dal coro che giustamente sta piangendo la scomparsa di Piero Angela, ma sono sempre stato dell’idea che la memoria di un personaggio che, come lui, ha lasciato un segno importante nella sua epoca, rimanga ancora più indelebile se se ne ricordano anche i limiti, quelli propri di un qualunque essere umano.
Ne parlo come persona coinvolta a suo tempo dal ciclone Angela contro l’omeopatia, trasmissione nella quale il nostro non lesinò immagini professionali non proprio esaltanti del sottoscritto, il quale si ritrovò suo malgrado nel cuore della tempesta mediatica. Quindi ne parlo con cognizione di causa, non solo perché quel servizio inanellò una sequenza impressionante di inesattezze, ma anche perché gli strascichi (anche giudiziari!) che ne seguirono costituirono un’occasione unica per capire come ragionava il personaggio assorto a gigante della divulgazione scientifica, con ben dodici lauree ad honorem nel cassetto!
Va detto che i meriti ci sono e sono tanti. Non è facile parlare di scienza, men che mai in modo semplice e comprensibile. Piero Angela, in effetti, mise tutti d’accordo sulla funzione meritoria del servizio pubblico fornito da Mamma Rai. Ma le vicende che seguirono a “quel” SuperQuark mi fecero capire meglio i meccanismi intimi di un mondo, quello televisivo, nel quale era molto facile ricevere fiumi di elogi, fino a farsi prendere la mano dalle proprie creature e arrivare a decidere in modo inesorabile cosa fosse bene e cosa male per i telespettatori; per dirla in modo più semplice, scegliere cosa divulgare e, soprattutto, come parlarne.
La divulgazione di Piero Angela, almeno in questo ambito, non è sfuggita ad un errore frequente nel mondo scientifico, quello di essere sempre stata condita in salsa “scientista”. L’aderenza ossessiva ad una scientificità molto meccanicistica, se può ben adattarsi (e non sempre!) a discipline come la chimica e la fisica, diventa un fardello decisamente ingombrante per la complessità espressa dalla medicina, solo in parte spiegabile in termini di rigorose evidenze scientifiche.
Fu con queste premesse che Giangi Poli, il giornalista incaricato di costruire il famigerato servizio anti-omeopatia, fece un impeccabile e certosino lavoro di raccolta di fonti scientifiche a favore e contrarie; quando poi arrivò al cospetto del nostro, lui fu categorico nello scartare a priori tutto quello che poteva anche lontanamente sembrare un argomento a favore e negando in partenza qualunque contraddittorio. Una scelta voluta e inesorabile. Il resto lo vedemmo tutti in quel servizio andato in onda in un caldo luglio del 2000.
Credo che neanche uno di quei circa sei milioni di telespettatori dell’epoca, con l’eccezione forse di qualche addetto ai lavori, si sia reso conto delle clamorose inesattezze snocciolate in serie e del conseguente giudizio negativo preconfezionato. Non solo: sulla scia di SuperQuark, da allora schiere di scettici completamente ignari di come funzioni la prassi omeopatica si sono sentiti liberi di parlarne sempre di più e sempre a sproposito, con uno spirito di emulazione decisamente degno di miglior causa. Ma questo è quello che avviene quando la ricerca scientifica cade nella trappola dell’eccessiva semplificazione, nonostante lo studioso esperto sappia benissimo che il suo percorso di ricerca, qualunque esso sia, si muove quotidianamente più nell’ambito del dubbio che non in quello delle certezze.
Mi piace pensare che con il tempo e l’esperienza Piero Angela, da persona colta e intelligente quale indubbiamente era, si sia guardato indietro e si sia reso conto di questa piccola macchia, di questa eccessiva generalizzazione, che probabilmente voleva colpire le aree più “estremiste” di un’omeopatia agli albori, ma che ha finito per etichettare come cialtroni irresponsabili anche chi stava facendo germogliare i primi semi della Medicina Integrata in modo scientifico, serio e professionale. Al pari di un approfondimento sulla fusione fredda o sul buco dell’ozono, se si voleva fare una divulgazione di buon livello il discorso sull’omeopatia poteva e doveva essere affrontato in modo diverso, magari chiedendo qualche lume a chi in questo campo ne sapeva sicuramente di più ed esponendo in modo chiaro vantaggi e limiti, come ho visto normalmente fare in molti altri servizi di SuperQuark. Il motivo è ovvio: anche se sei molto bravo a divulgarla, nessuno di noi può considerarsi il depositario assoluto della scienza.
Il rischio è che il tempo che passa ti giochi contro e dimostri inesorabilmente la fallacia di pregiudizi molto teorici e poco concreti perché, come già detto, la medicina si trova più a suo agio nel mondo della complessità che in quello di un rigido meccanicismo. Come osserva intelligentemente Ivan Cavicchi nella sua ultima fatica editoriale: “Una procedura impareggiabile non esiste. Questo vuol dire semplicemente accettare il principio che la complessità non si governa solo con gli a priori, ma si governa prima di tutto con i medici. Cioè la complessità si governa solo con la complessità.” Con l’inevitabile conseguenza che nella scienza saranno sempre i fatti a fare cadere le teorie e non viceversa, come sicuramente Hahnemann starà spiegando a Piero Angela in questo momento…

Gino Santini
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Direttore dell'Istituto di Studi di Medicina Omeopatica di Roma. Segretario Nazionale SIOMI. Giornalista pubblicista. Appassionato studioso di costituzioni e del genere umano.

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