di Ettore Gotti Tedeschi
Tutto ciò che sta avvenendo intorno alla soluzione delta pandemia Covid, soprattutto con le proposte sui vaccini, ha caratteri fusi fra loro che ritengo esser piuttosto originali. Detti caratteri sono quelli di pragmatismo scientifico, ma moralizzante e pertanto fuso con talune pretese di fideismo scientifico. L’apparente risultato generato sembra essere una nuova forma di scientismo, reincarnatosi per risolvere il problema Covid con vaccini da accettare fideisticamente e potrebbe persino proporsi come nuova autorità morale in questo secolo, che chiede un atto di fede verso la vera religione moderna, quella scientifica.
Per scientismo, in tal senso, intendiamo una scienza che vuole e crede di saper risolvere ogni problema, soddisfando tutti i bisogni dell’uomo, anche quelli morali. Da una parte infatti vediamo uomini di scienza che da più di un anno sembrano affrontare con buona volontà, ma empiricamente, la pandemia e la sua cura, ma talvolta sembrano aver deciso di farlo con una forma di pragmatismo dove il fine concreto deciso esclude altre ipotesi di cura. Talvolta detto pragmatismo è messo in dubbio da fatti classificati statisticamente, dove l’errore anche fatale, quale la morte imprevista del paziente, diventa marginale, se non i r rilevante, statisticamente. Ora questo pragmatismo scientifico sembra chiedere (talvolta con una certa arroganza) una accettazione fideistica, per ragioni anche morali, delle prestazioni medico-scientifiche, anche se ancora non ben sperimentate, che devono esser accettate con devozione e riconoscenza alla scienza medica.
Rifiutandole, non solo si rischia di riportare il mondo ai secoli oscuri delle pestilenze manzoniane, ma anche di fare danni economici e morali alla collettività. In pratica, riflettendo sulle proposte di soluzione del Covid ascoltate in queste ultime settimane, si può arrivare ad avere l’impressione di trovarsi di fronte a un fenomeno originale: un modello di scienza che vorrebbe moralizzare piuttosto che spiegare e rassicurare, che va pertanto accettato, appunto, con fede.
Ecco questo pragmatismo, che chiamerei scientista e moraleggiante, che va accolto fideisticamente, è la vera novità di questo tempo, scoperto grazie al Covid. Secondo questo modello (o approccio) scientista appare esser proposto anche un nuovo senso del reale che esclude ipotesi teoriche diverse e viene proposto solo da parte di chi è autorizzato a farlo. E non è discutibile, anche se lascia il sospetto che talvolta mortifichi la nostra capacità di capire e convincerci razionalmente, obbligandoci a farlo fideisticamente. E ciò è molto sorprendente, poiché dopo aver sostituito da secoli la ragione alla fede religiosa, curiosamente oggi si direbbe che si stia invitando l’essere umano ad aver fede senza poter ragionare.
Ma una persona al di sopra di ogni sospetto, ci mette un dubbio. Si tratta del filosofo epistemologo agnostico Karl Popper (1902-1994), per intenderci il famosissimo padre della «società aperta». Egli vedeva nel dogmatismo dello scientismo i presupposti del totalitarismo. Popper spiegava (ne «La non esistenza del metodo scientifico », 1965) che non c’è un metodo per accertare la verità di una ipotesi scientifica e non c’è un metodo per accertare se una ipotesi è vera o no. Eppure non mi pare di aver mai assistito a u n confronto diretto e publico riferito al Covid o ai vaccini fra scienziati di parere opposto.
Lo scientismo non sembra tollerare forme di ecumenismo scientifico?
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