di Gino Santini, da “Omeopatia33” del 14 giugno 2024
In ogni settore professionale, e la medicina non fa eccezione in questo, esiste un processo necessario e complesso che va sotto il nome di ricambio generazionale. Questa sfida, resa particolarmente impervia dalle macerie lasciate dalla pandemia, riguarda anche le singole aree specialistiche, con un occhio particolare alle discipline di Medicina Integrata. Fra queste ultime, l’omeopatia sembra essere quella in maggior sofferenza, con una crisi di giovani omeopati particolarmente evidente. Passando in rassegna alcuni aspetti nodali della questione saltano all’occhio, accanto all’inesorabile invecchiamento degli omeopati attuali, sicuramente le problematiche riguardanti il processo di formazione e l’innovazione tecnologica.
La formazione in omeopatia deve fare i conti con una modalità di acquisizione di competenze (al pari di una qualunque altra specializzazione) molto complessa e che, al termine, non prevede nessuno sbocco in un area pubblica, ma solo la libera professione, elemento che allontana ulteriormente la “monetizzazione” del periodo di formazione. A questo si aggiunga anche, paradossalmente, che la grande richiesta di pazienti alla ricerca di risposte concrete e non ideologiche (quindi di una efficacia estraibile da schieramenti terapeutici) ha spinto ad applicare un’etichetta “omeopatica” ad una pletora di prodotti, aumentando in tal modo la confusione.
Questo ha fatto si che alcune aree omeopatiche più legate agli insegnamenti puramente hahnemaniani, già di per se poco inclini a un processo di integrazione, si siano ulteriormente ritirate sulle loro posizioni e reso ancora più impervio il processo di formazione, convinte di riuscire a mantenere inalterata la “purezza” del loro lavoro, ma in realtà aggravando ulteriormente la situazione.
Con queste premesse le aziende produttrici di medicinali omeopatici unitari, che già stavano facendo dei sanguinosi conti con una nuova (e più costosa) procedura di registrazione che ne ha duramente ridimensionato il mercato, hanno deciso di rinvigorire il loro fatturato muovendosi verso la categoria degli integratori, molto più facili da produrre, registrare e (soprattutto) da direzionare con una modalità patologia-centrica molto più semplice da trasmettere e fare acquisire anche ai medici, giovani e non. Lo stesso è avvenuto in farmacia, fondamentale centro di informazione per il paziente sul territorio: in questo caso è andata progressivamente ipertrofizzandosi l’area dedicata al settore “integrato”, ma senza che di questo se ne sia mai parlato durante il Corso di Laurea o anche a valle di questo, in barba a qualunque insegna esterna dove troneggia la scritta “omeopatia”, che quanto meno dovrebbe fare intuire al suo interno la figura di un farmacista competente.
Quali le possibili strategie riparative all’orizzonte?
Se avessimo una classe accademica meno rutilante di pregiudizi anacronisticamente anti-scientifici, sarebbe auspicabile una adeguata politica informativa in sede di Corso di Laurea per Medici e Farmacisti, riservando a coloro che avessero trovato di loro interesse una informazione non ideologicamente deviata, un approfondimento di questi temi. I percorsi di approfondimento, a loro volta, dovrebbero essere seguiti dalle Società Scientifiche del settore per quello che riguarda tempi e contenuti. Da questo punto di vista sarebbe molto utile prevedere più livelli formativi con tempistiche differenziate: nulla vieterebbe di inseguire una formazione pluriennale di un omeopata stra-competente, ma senza negare la possibilità di un livello di apprendimento che sia una “informazione formativa” di tipo intermedio. È sotto gli occhi di tutti l’errore di aver fatto credere che le uniche competenze omeopatiche valide siano quelle inarrivabili di una formazione “dura & pura”: ha poco senso contabilizzare l’inevitabile e necessaria esperienza post-formazione all’interno del percorso stesso, incrementando così tempi e dubbi di chi si vuole accostare a questa disciplina.
Ultimo ma non ultimo, la scientificità dei contenuti: chi scrive appartiene a una generazione di medici formatasi in una notevole penuria di tecnologie diagnostiche e, conseguentemente, con un alto tasso di semeiotica: probabilmente la vera sorgente di una florida generazione di omeopati. A pensarci bene, è l’esatto contrario di un neolaureato di oggi, costruito a colpi di evidenza scientifica e linee-guida. Ne consegue la necessità assoluta e fondamentale di inserire, in un qualunque percorso informativo e/o formativo in Medicina Integrata per menti acerbe, la scientificità delle evidenze disponibili.
Detto tra noi, questa è sempre stata la filosofia che ha spinto dal 2006 quello che leggete su “Omeopatia33”. E siamo sicuri che lo stesso Hahnemann, con la sua mentalità straordinariamente aperta al cambiamento, se fosse vissuto ai giorni nostri avrebbe compreso la problematica e sacrificato volentieri più di qualche paragrafo dell’Organon in cambio di una citazione su JAMA.
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