Le modalità con le quali l’organismo codifica il proprio comportamento nell’ambiente che lo circonda passa anche dall’intestino; la nozione era stata ipotizzata ma non confermata da interconnessioni basate su nervo vago, sistema immunitario, acidi grassi a catena corta e triptofano. A livello evolutivo, quelli nati da taglio cesareo hanno un microbiota nettamente diverso nella prima infanzia rispetto a quelli nati per via vaginale mentre, all’altro estremo, le persone che invecchiano con considerevoli problemi di salute tendono a mostrare restringimenti nella diversità microbica.
Recentemente, il microbiota intestinale è stato profilato in una varietà di condizioni tra cui l’autismo, la depressione maggiore e il morbo di Parkinson. C’è ancora un dibattito sul fatto che questi cambiamenti siano o meno alla fisiopatologia o semplicemente epifenomenali, confronto al quale hanno contribuito due ricercatori irlandesi, Timothy e Cryan, pubblicando un interessante studio su Current Opinion in Clinical Nutrition and Metabolic Care.
I due autori concludono in questa rewiev che alcuni disturbi neuropsichiatrici potrebbero essere trattati prendendo di mira il microbiota mediante trapianto di microbiota, antibiotici o psicobiotici.
Cryan, J. F., & Dinan, T. G. (2012). Mind-altering microorganisms: the impact of the gut microbiota on brain and behaviour. Nature Reviews. Neuroscience, 13(10), 701–712. http://doi.org/10.1038/nrn3346
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