di Francesco Boezi, su “Inside Over” del 28 maggio 2020 – LINK
Medical Intelligence: forse questa branca della nostra intelligence non è troppo conosciuta dai più ma, indagando a fondo su quali meccanismi di prevenzione e di diffusione delle informazioni si innescano nel momento in cui un virus emergente fa la sua comparsa, si apprende subito di come questa attività assuma un’importanza centrale per la tutela della salute pubblica. E qualcosa, in termini di Medical Intelligence, è scattato per forza anche in relazione al Sars-Cov2. Ma quando e come l’esecutivo italiano ha avuto contezza del fatto che il nuovo coronavirus potesse essere pericoloso per la tenuta del nostro sistema economico-sociale? Questa domanda, inutile girarci troppo attorno, circola ormai da mesi. Tra rimpalli di accuse e smentite, le analisi si riducono per lo più a ciò che è possibile fare: procedere per ipotesi ed astrazioni. Ma il Medical Intelligente fa parte di un ambito molto complesso, che deve essere analizzato, partendo da esperienze in grado di raccontare con dovizia di particolari il funzionamento alla base del servizio in oggetto. Per questo, abbiamo voluto intervistare il dottor Marco Cannavicci, uno psichiatra, ora ausiliario, che ha prestato servizio per quarant’anni come ufficiale medico. Si è occupato, per la parte della formazione, del personale d’intelligence impegnato in attività Unit su teatri operativi. Nell’ambito di questa collaborazione con i centri di formazione, Cannavicci ha partecipato alla creazione ed all’allestimento del servizio di Medical Intelligence. Un’esperienza che risale a 15 anni fa. Già al Ministero della Difesa sino al 2017, Cannavicci sottolinea subito come il servizio svolga un ruolo fondamentale: “Un conto è mandare i nostri nella ex Jugoslavia, dove gli ospedali c’erano, un altro è inviare i militari in Afghanistan: lì di sanitario non c’era nulla, significa che bisogna portare un intero ospedale…”.
Dottor Cannavicci, che cos’è il Medical Intelligence?
Medical Intelligence è un servizio nato negli Stati Uniti per coniugare le necessità d’intelligence, di rischio sanitario, di sicurezze del personale e di sicurezza sanitaria, che ha avuto la sua massima espansione in relazione delle minacce di bio-terrorismo. La Fbi, negli States, ha creato una rete di sorveglianza dei pronto soccorsi per possibili minacce da infezioni derivanti da germi o da sostanze tossiche. I pronto soccorsi dovevano segnalare ogni anomalia che si verificava e che poteva essere collegata ad una malattia infettiva poco conosciuta o sconosciuta. Erano i tempi dell’antrace. In quel frangente temporale, è nata in maniera molto organizzata. Anche noi ci siamo confrontati con le minacce di bio-terrorismo. Anche noi abbiamo dovuto allestire una rete nazionale tramite i pronto soccorsi per i rischi infettivi. Una rete che fa capo allo Spallanzani di Roma. Facciamo un esempio: le immagini, le informazioni relative ad una lesione della pelle che, in qualche modo, potevano far supporre un quadro da malattia infettiva sconosciuta o poco conosciuta, venivano immediatamente trasferite allo Spallanzani per una valutazione clinica. Il fine era quello di cercare di capire la fonte dell’eventuale infezione il prima possibile.
E poi?
Poi, per quanto riguarda le missioni all’estero, è sorta la necessità di proteggere il nostro personale da tutte le possibili fonti d’infezioni presenti in loco. Soprattutto perché, quando si cambia clima, quando si cambia ambiente, si è esposti a tutta una serie di germi nuovi, da cui il nostro organismo non è protetto. Da questo punto di vista, le esperienze in Somalia, in Iraq, in Afghanistan ed in Libano, sono state molto istruttive per quel che riguarda la protezione sanitaria del nostro personale. Naturalmente, tutte queste informazioni dovevano ricollegarsi ad una rete internazionale, per cui c’è uno scambio continuo. Per fortuna, questa rete internazionale è basata prevalentemente su fonti aperte. La prima fonte è il bollettino epidemiologico mensile dell’Oms, dove vengono riportati, da tutto il mondo, tutti i casi di malattia infettiva. Non solo il tipo di malattia infettiva, ma anche il numero di persone coinvolte. A seconda della malattia infettiva ed in base al tipo di rapporto che si ha con la popolazione colpita, possono essere constatati i rischi di una trasmissione per il nostro territorio. C’è un’altra fonte di informazioni molto utili, che è il bollettino del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Atlanta, dove danno vita ad un bollettino periodico epidemiologico su tutte le malattie infettive che vengono diagnosticate a livello planetario. Da queste fonti noi apprendiamo, da ogni Paese, qual è lo stato dell’arte delle infezioni. Possiamo dunque prevedere che tipo di rischio sanitario corriamo. Faccio un esempio: dall’Africa potrebbe arrivare un batterio tubercolare che potrebbe resistere alle nostre terapie anti-tubercolari. Oppure dall’Asia potrebbe provenire varianti della polio o del vaiolo (sembra che abbiano effettivamente attecchito in quei luoghi) a cui la nostra popolazione non è vaccinata. Una sorveglianza di questo tipo, a livello globale, è molto utile.
Altri focus specifici?
Poi c’è il discorso che riguarda il Mediterraneo. Il Mediterraneo è molto importante per noi. Mi ricordo che le prime valutazioni furono fatte sull’ipotesi di diffusione in Italia del West Nile virus, ossia del virus del Nilo, che è portatore, tramite le zanzare, di encefaliti molto gravi. Quel servizio – il Medical Intelligence – è nato per fornire sia in ambito militare sia in ambito civile, e dunque al decisore politico in genere ed al ministero della Salute nello specifico, ogni informazione relativa a diffusione, rischi, impatto e possibili protezioni da utilizzare dove non è possibile procedere con una profilassi vaccinale.
Che cosa sono le “sentinelle”?
Le sentinelle sono i sensori distribuiti nel territorio per valutare la presenza di una possibile malattia infettiva sconosciuta. Per cui, quando si presenta in un pronto soccorso una persona che ha delle manifestazioni cliniche non inquadrabili in una malattia infettiva conosciuta, beh, quello allora è un evento che fa scattare un allarme: il soggetto, con buone probabilità, è portatore di un germe che non abbiamo identificato. Avere tutte queste sentinelle significa poter contare su un allarme immediato per cercare di bloccare la diffusione di quel virus il prima possibile. La sentinella è quella che segnala, per esempio, la presenza di un’intossicazione anomala oppure segni dermatologici di bruciature da contatto con sostanze chimiche particolari. Quello potrebbe essere il segnale di una persona che sta trattando sostanze chimiche o poco conosciute o sconosciute. Bisogna capire dunque a che scopo: per inquinare o per bio-terrorismo? La rete di sentinelle è fondamentale. A dare l’allarme, potrebbe anche essere un medico di pronto soccorso o un medico di base che incontra un paziente con un paziente con una patologia compatibile con un rischio sanitario. Ecco, la sentinella può far in modo che scatti subito una sorveglianza. Altrimenti, se aspettiamo che si diffonda, noi potremmo capire troppo tardi cosa sta accadendo. E anziché fermare un’epidemiologia a dieci, quindici, venti casi, potremmo comprendere quello che succede dopo mille casi. L’intenzione del servizio è arrivare ad arginare il fenomeno il prima possibile.
Il Sars-Cov2 è ancora oggetto di questioni irrisolte. Sembrerebbe che il governo avesse da tempo un piano di chiusura… Come funziona? Il Medical Intelligence avvisa il governo? Quali sono le procedure previste per la filiera?
La filiera prevede anzitutto che il servizio di Medical Intelligence sia allertato, a livello locale o a livello internazionale, da alcuni rapporti, che provengono da altri Paesi, da altri servizi o da osservazioni fatte in loco. Dunque, il Medical Intelligence intercetta un rischio sanitario. E, acquisite le informazioni, viene valutato il rischio sanitario, che va studiato anche mediante delle vere e proprie analisi: si deve circoscrivere cosa comporta questo rischio sanitario in termini di diffusione ed in relazione all’impatto con la popolazione. Quindi il Medical Intelligence stila, una volta raccolte ed analizzate queste informazioni, un rapporto che il direttore del servizio trasmette al suo referente, che è o direttamente il presidente del Consiglio o il delegato della presidenza ai servizi ed alla sicurezza. Una volta che il presidente del Consiglio riceve il rapporto, il presidente del Consiglio valuta il da farsi. Probabilmente, il Pdc ne parlerà con i ministri interessati. Questi valuteranno le informazioni sul piano politico, che abbiamo visto essere state sicuramente molto più prudenti o molto più “leggere” di quello che, in realtà, i rapporti contenevano. Perché tutti i servizi, non solo quello italiano, hanno fornito al loro referente politico la fotografia della situazione attuale e quella inerente al rischio, a che cosa si va incontro.Tutti hanno fornito delle soluzioni di contenimento. Come abbiamo visto, sia negli States, sia in Francia, sia in Inghilterra ma anche in Italia, le prime risposte sono state contraddistinte da grande prudenza: non allarmare la popolazione. Non hanno colto la reale portata dell’infezione. Tutte queste prudenze sono state superate dalla realtà dei fatti. Anche se noi ci dicevamo “andrà tutto bene”, abbiamo visto, con 30 mila morti, come non sia andato tutto bene. Così come non è andato tutto bene dal punto di vista economico: alcuni settori sono stati messi in ginocchio e, con buone probabilità, non riapriranno. Quello che si voleva minimizzare è stato smentito, e le responsabilità su questo, dirette, indirette, volute o non volute, sono politiche.
Sulla base della sua esperienza, come si muove il Medical Intelligence in relazione a situazioni come quella odierna?
Il Medical Intelligence è un servizio creato per l’emergenza, per l’urgenza e per l’allarme. Non appena si hanno informazioni consistenti e validate, queste vengono diffuse. Qui finisce il compito del servizio. I compiti dei servizi non sono quelli di agire, ma d’informare. Ogni giorno, i presidenti, compreso quello degli Stati Uniti, vengono informati sulla situazione in atto. Queste autorità vengono in possesso di rapporti urgenti e molto sintetici sulla situazione che è in atto. Quando la informazione viene riportata al committente politico, il compito finisce. Tutto quello che succede dopo è del politico. Quello che posso immaginare, sulla base delle esperienze precedenti, è che le informazioni sono state sempre tempestive e puntuali. L’uso delle informazioni è stato spesso difficoltoso, e soprattutto c’è stata le negligenza di non capire con tempestività cosa stesse succedendo.
Non so se ha letto il “rapporto Raoult” del 2003. La cosiddetta scienza ufficiale boccia alcune teorie alla stregua di complottismi ma, prescindendo da questo elemento, ha avuto la sensazione, come professionista che si è occupato di Medical Intelligence, che questo specifico ambito potesse divenire attuale in breve tempo? Si parla spesso pure di “guerra batteriologica”…
Tutto “il complottismo” deriva dal fatto che il laboratorio di Wuhan è un laboratorio di massima sicurezza di bio-contenimento. Si tratta di un laboratorio dove si fa ingegneria genetica e in cui viene operata una sperimentazione scientifica su virus ad alta contagiosità e ad alta letalità. Questa coincidenza ha dato vita a tutte le teorie complottiste ma, se andiamo a vedere il virus in sé, confrontandolo con i requisiti di un’arma biologica, con quelli di un’arma da bio-terorrismo o con quelli di un’arma di altro tipo, notiamo che questo virus non si presta ad essere un’arma biologica, perché non è sufficientemente contagioso e letale. L’arma biologica ideale è l’Ebola: altamente contagiosa ed altamente mortale. Questo virus non risponde ai requisiti richiesti per un’arma biologica. Un’arma da bio-terrorismo? Questo virus non corrisponde neppure ai requisiti richiesti per un’arma da bio-terrorismo. Questo virus non è stato studiato e non è stato utilizzato per scopi di questo tipo: ne esistono altri molto più efficienti e molto più efficaci. Potrebbe essere stato sfruttato il fatto di creare problemi economici come arma di guerra ibrida? Noi oggi sappiamo che la guerra ibrida è una guerra condotta in modo non convenzionale, sul piano dell’informazione e sul piano dell’economia. Forse questo, in corso d’opera, è divenuto uno scopo utile, ma non era quello iniziale. Attorno al virus sono emersi molti attacchi ed accuse: come di norma accade ogni volta che si diffonde un virus. C’è la corsa a creare colpevoli e responsabili, ma questo fa parte della disinformazione. C’è un’altra possibilità relativa alla diffusione di un virus, una possibilità che è prevista: si chiama evento ROTA, dove ROTA sta per release other than attack, cioè rilascio dell’agente in maniera alternativa a forme di attacco. Questo prevede un incidente all’interno di una struttura di bio-contenimento, dove avviene una diffusione accidentale per via della perdita del controllo sull’agente batteriologico o virale che sia. In altri casi, è accaduto. Non si arriva a livello globale di pandemia com’è avvenuto in questo caso, ma è un evento previsto. Diciamo che, sommare questi due indizi, ossia il focolaio nella città dov’è presente un centro BSL4 e l’esistenza della possibilità di un evento ROTA, contribuiscono a dare spazio alle successive teorie. Quello che sappiamo, prescindendo dalle teorie, è che c’è una corsa da parte della Russia, della Cina e degli Stati Uniti a sfruttare questo virus per scopi economici: incidere sulle borse, incidere sul valore delle monete, incidere sull’economia. Il politico, dove vede spazi per poter intervenire, lo fa. E lo spazio in questo caso si è creato.
Dal punto di vista prospettico, lei pensa che il Medical Intelligence, visto quello che è successo, sia destinato ad essere potenziato?
Sicuramente il servizio sarà ampliato, soprattutto cercando di avere come consulenti dei referenti scientifici adeguati. Un servizio non è fatto di scienziati. Un servizio deve poter contare sui contatti con gli scienziati, con persone che sanno leggere determinate situazioni. Verrà potenziato soprattutto perché il politico, e soprattutto in Italia, ha capito una cosa: utilizzando il rischio di una minaccia infettiva si può avere un controllo del territorio e della popolazione mai visto prima. In questi mesi, noi ci siamo confrontati con una riduzione dei nostri diritti civili e delle nostre libertà personali che mai era accaduta, nemmeno ai tempi degli anni di piombo del terrorismo. Questo ha fatto capire al politico che, dietro al rischio di una minaccia sanitaria, lui può imporre alla popolazione qualsiasi ristrettezza. Quello che sta aumentando, anche con le app e con le comunicazioni, è il controllo sulla popolazione. Un controllo che, partendo per scopi sanitari, si allarga su tutto il resto. E questo è un aspetto che per il politico può essere molto importante. Ogni volta che ci sarà una minaccia di tipo sanitario, imporre queste restrizioni alla popolazione si rivelerà sempre più accettato e sempre più condiviso. Noi abbiamo perso le nostre libertà personali per un motivo valido, e nessuno ha protestato. Però il rischio di un incremento eccessivo del controllo dello Stato sulle persone c’è.
Riusciamo ad immaginare come andrebbero le cose in caso di emersione di quello che potremmo chiamare “Covid-20”?
Parliamo anzitutto di questo virus: il SarsCov2 non è debellato. Non è molto diffuso, ma sul territorio c’è. Abbinato a questo fattore, siamo consapevoli di come oltre il 90% della popolazione non sia immune e non sia dunque protetta. I rischi di focolai e di esplosioni di contagi persistono. Bisogna tenerne conto. Il monitoraggio del rispetto delle misure di sicurezza non può essere ridotto. Ci sono anche tante altre cose di questo virus che non conosciamo: non sappiamo se muta, se varia, se cambia e se modifica certe sue caratteristiche di tipo biologico. Per cui potrebbe passare ad attaccare altri organi, così come potrebbe passare ad altre forme di contagio e ad altre forme lesive per il corpo umano. Le cose sono migliorate da quando abbiamo capito che il virus attacca non i polmoni ed il respiro, ma la circolazione ed i vasi sanguigni. La persona non muore perché non respira, ma perché il sangue si coagula e non respira più. Ma questo è stato capito in corso d’opera. E sempre in corso d’opera potremmo capire altro. Siccome è possibile che questo virus cambi, la sorveglianza sanitaria, sia quella pubblica sia quella d’intelligence, non può venire meno: tutti i dati che vengono forniti mediante le linee epidemiologiche arrivano anche al servizio di Medical Intelligence, dove vengono fatte ulteriori analisi ed ulteriori valutazioni. Mentre il Ministero della Salute sta cercando di capire quello che succede, con le terapie più efficaci, il Medical Intelligence cercherà di capire quello che succederà, producendo scenari. Prima si interviene e meglio è. Quando si parla di salute non possiamo aspettare che l’evento accada. Noi, come si dice in aeronautica, dobbiamo essere davanti l’aereo. Fare in modo, stando davanti l’aereo, di capire quello che succederà prima che accada.
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