di Paolo Bellavite
Sono in fase di studio varie opzioni terapeutiche per la sindrome respiratoria acuta grave causata da SARS-CoV-2, tra cui il plasma di convalescente, che sta divenendo la prima opzione nella situazione attuale in molti Paesi del mondo.
Una recente rassegna (Rojas M et al. Autoimmun Rev. 2020 May 5:102554) tratta dei possibili meccanismi di azione del plasma nel bloccare o mitigare la COVID-19. La cosa più interessante e forse meno nota al pubblico è che il plasma non agisce solo mediante la neutralizzazione diretta del virus da parte degli anticorpi, ma anche attraverso il controllo di un sistema immunitario iperattivo (“tempesta di citochine”, squilibrio tra sottopopolazioni di linfociti, attivazione del complemento) e la modulazione di uno stato ipercoagulabile. Queste azioni supplementari e complementari fanno pensare che il plasma possa essere molto più efficace rispetto alla somministrazione di immunoglobuline purificate. Come spesso capita in natura, l’insieme vale più delle singole parti, smentendo un certo riduzionismo meccanicistico tanto in voga in farmacologia.
E’ importante tener presente questi aspetti ai fini della corretta utilizzazione del preziosissimo liquido donato gratuitamente dai pazienti guariti. Infatti, è noto che si vanno costituendo delle apposite “banche del plasma” in vista di eventuali futuri ritorni o recrudescenze della pandemia e qualcuno sta già pensando ad utilizzarle per produrre dei “farmaci” commercializzabili. Ad esempio, in un comunicato del 7 maggio 2020 l’AVIS scrive:
“Risulta molto improbabile pensare di poter guarire tutti i pazienti di coronavirus del mondo attraverso delle trasfusioni di plasma iperimmune che, come detto sopra, deve rispondere a requisiti molto rigidi che non tutti i pazienti guariti hanno. L’obiettivo adesso è quello di riuscire a ottenere dal plasma dei convalescenti delle immunoglobuline, cioè dei farmaci plasmaderivati ricchi di anticorpi da poter sottoporre ai pazienti. Per raggiungere questo risultato, però, occorrono mesi di ricerca.” (link)
Alla luce delle evidenze crescenti di un beneficio del plasma del donatore e dei suoi complessi meccanismi d’azione dovuti alle altre componenti biologicamente attive, l’estrazione delle immunoglobuline dovrebbe essere eseguita solo se esistesse la PROVA che queste ultime sono più efficaci del plasma intero.
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