di Andrea Dei, su “Omeopatia33” del 12 maggio 2017
La decisione dell’Ordine dei Medici di Treviso di radiare Roberto Gava per le sue posizioni sui vaccini è, a mio avviso, un evento di una tristezza infinita, che deve far riflettere.
Io, al pari di molti politici e commentatori che pontificano spesso sciaguratamente sui media, sono ignorante sull’argomento specifico. Da uomo della strada ho letto gli scritti di Gava trovandoli in parte condivisibili e comunque senza trovare nessuna affermazione particolarmente grave, specie essendo lui figlio di una terra che invia in parlamento rappresentanti che si pregiano di utilizzare la bandiera della repubblica come carta igienica, senza che nessuno proceda a radiarli.
Prendere ad esempio gli argomenti dei Ballarmino nei processi a Giordano Bruno e a Galileo è di fatto sconcertante e promuove pensieri color grigio topo. Stante tuttavia l’esistenza degli art. 2 e 32 della Costituzione della Repubblica, non vi è dubbio che la immunoprofilassi via vaccinazione così come imposta dalla legge vada accettata, anche se i politici plaudenti dovrebbero usare toni penitenziali, avendo dimenticato di risolvere la pluridecennale carenza legislativa sull’argomento (mancanza di implementazione della legge 1992). Pertanto va accettato il principio che il comportamento del singolo non può essere nocivo per la collettività e che quindi non vaccinandosi possa essere dannoso per gli altri. In questo caso non si può parlare di libera scelta. Tuttavia lo stato va ancora più in là e ritiene che il singolo vada protetto in quanto patrimonio della società stessa: da qui l’obbligatorietà del casco in moto e della cintura di sicurezza. A questo punto il discorso si fa pericoloso, perché una minoranza si può arrogare il diritto di stabilire cosa è bene e cosa è male per la salute del cittadino. Poiché la biodiversità privilegia l’evoluzione degli isterici, ci sarà sempre qualcuno che tenterà di proibire di farsi un grappino o passare più di due ore alla televisione, per motivi di rincitrullimento. Ma i vaccini obbligatori purtroppo sono un’altra cosa.
Qualsiasi atto medico implica dei rischi. Il vero problema sta nell’informazione. In un mondo normale l’utente della salute dovrebbe essere informato che i vaccini non sono innocui, come ampiamente dimostrato dagli studi più recenti. Il negarlo è stupidaggine o malafede. In un modo del tutto analogo dovrebbe essere informato che il sottoporsi a una TAC implica l’1% di probabilità di indurre un tumore, così come il sottoporsi a una mammografia non è innocuo, come sconsideratamente affermato dagli operatori preposti, visto che la paziente assorbe in un’area limitata una quantità di radiazioni ad alta energia pari a 60 radiografie. Infine ricordo che anche il ricovero ospedaliero non può essere considerato una esperienza priva di rischi, visto che causa terapie inadeguate ed è riconosciuto essere associato alla quarta causa di morte negli Stati Uniti.
Il punto quindi non sta nel partecipare allo scontro fra gli anti-vaccino e i pro-vaccino, che si sta tramutando in uno scontro fra gente che mette in dubbio i principi della medicina basata sulla farmacologia, come molti omeopati, e quelli che li sostengono a priori in nome di una scientificità troppo spesso tutta da dimostrare. Il vero punto è lavorare insieme come dovrebbe essere dettato dai più elementari principi di serietà: la SIOMI sulla base di studi scientifici ha proposto che l’omeopatia altro non è che la farmacologia delle microdosi, che per il meccanismo di azione valga il principio dell’ormesi e che la soluzione che contiene il medicinale omeopatico sia una “non-soluzione”, vanificando tutte le illazioni di “acqua fresca” formulate da gente impreparata sull’argomento. In altre parole afferma con questo il principio che l’omeopatia è una medicina farmacologica come l’ortodossa. Il negarlo e continuare a invocare memorie dell’acqua, teorie dei quanti deboli, biofotoni, campi elettromagnetici oscillanti alla frequenza di Uhlmann, ovvero un coacervo di nobili fantasie purtroppo ancora oggi troppo spesso invocate senza alcun fondamento, è pericoloso e, relegandola fra gli eresiarchi, pone una classe di seri professionisti in una situazione potenzialmente precaria.
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