Quella misteriosa “terapia di fondo”…

Newsletter ISMO 002 dell’8 aprile 2020

Non è una questione da poco, ma rappresenta il fulcro della visita omeopatica. Proprio come nella medicina convenzionale, anche in omeopatia abbiamo varie modalità di somministrazione, che a volte vengono ulteriormente “personalizzate” dall’esperienza del medico. Da qui l’idea di stendere un piccolo vademecum per cercare di coprire tutte le esigenze, partendo proprio dalla “terapia di fondo”.
Cominciamo nel distinguere l’obiettivo di una qualunque terapia, convenzionale o omeopatica che sia, indirizzata verso un problema acuto o cronico; quest’ultimo in genere rappresenta la richiesta (a volta in sovrapposizione con altre) per la quale il paziente si è recato dal medico, quindi per un problema che affligge il paziente da molto tempo: si parla di settimane, ma qualche volta anche di mesi o anni.

Per una problematica cronica (della gestione del fatto acuto ne parleremo in una newsletter successiva), al termine di una visita che sappiamo deve essere attenta e approfondita, si prescrive una terapia di fondo, secondo le peculiarità del modello terapeutico seguito dal medico. In questo caso il sottoscritto segue il modello omeopatico costituzionale secondo il quale vengono prescritti due o tre medicinali omeopatici (per cui rientro nella categoria dei medici omeopatici “pluralisti”, in contrapposizione agli “unicisti”, che curano con un solo medicinale), solitamente alla 30CH e a cadenza settimanale. Lo schema segue regole ben precise: il primo medicinale, definito “acuto”, vieme indirizzato verso i fastidi principali della patologia cronica del paziente, il terzo medicinale (quello di chiusura) è un rimedio “costituzionale” di terreno, mentre tra i due spesso si colloca un medicinale “intermedio”, una specie di medicinale-ponte verso una stabilizzazione dello stato di benessere che ci si augura di aver raggiunto con la terapia. Quello descritto è un ciclo terapeutico, solitamente seguito da un periodo di riposo (1-2 settimane) nel quale la terapia viene sospesa e si verifica se i risultati ottenuti sono stabili anche senza l’aiuto dei medicinali. Questo perchè l’obiettivo della terapia, come spesso dico ai pazienti, è “far camminare la persona con le proprie gambe”: ovviamente dipende dal problema del paziente, perchè qualche volta non posso fare altro che accostarmi ad una terapia convenzionale che il paziente non può sospendere per ridurre al massimo gli effetti collaterali di quest’ultima.

I cicli terapeutici (terapia più riposo) devono coprire un periodo prolungato, variabile tra due e tre mesi, al termine dei quali si effettua una visita di controllo e si rende la terapia più efficace, sostituendo i medicinali che potrebbero aver svolto un’azione limitata in favore di altri che lavoreranno meglio e più in profondità. Se, come ci si augura, la terapia svolge un’azione positiva sul problema del paziente, le visite successive tendono ad allungarsi con una terapia di fondo che diventa un mantenimento e una stabilizzazione: è il momento in cui l’organismo ha ripreso il controllo della situazione e torna a rispondere in modo fisiologico agli stimoli ambientali. A questo punto i tempi dei controlli successivi si allungano, anche se non è consigliabile superare i 4-6 mesi per un motivo molto semplice: poichè la terapia omeopatica costituisce un processo di ottimizzazione delle risorse del paziente, è un peccato non utilizzarla nella sua modalità più efficace, ovvero nel mantenerne più a lungo lo stato di benessere.

Gino Santini
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Direttore dell'Istituto di Studi di Medicina Omeopatica di Roma. Segretario Nazionale SIOMI. Giornalista pubblicista. Appassionato studioso di costituzioni e del genere umano.

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