di Gino Santini, da “Omeopatia33” del 17 gennaio 2025
Non è passato molto tempo, forse qualche mese, da quando un manipolo di psicologi in vena di nefandezze ha deciso di pubblicare su Frontiers of Psychology un dotto articolo1 sulla medicina omeopatica; secondo l’illuminata visione di questi “esperti” della materia, non esisterebbe alcuna relazione tra l’efficacia della terapia e il carattere specifico dei medicinali omeopatici perchè, seguendo il pensiero scettico dominante, non è possibile curare senza molecole.
A questo illuminato parere (peraltro non richiesto) avevano già dato una risposta2 Simonetta Bernardini Andrea Dei, una omeopata un chimico: eravamo ad agosto e, forse complice l’estenuante caldo estivo, la sua era stata l’unica voce che si è levata per sottolineare l’arroganza e la scorrettezza di simili affermazioni che, evidentemente, non tenevano conto dei dati emersi dalla ricerca scientifica in questo campo negli ultimi anni. Se però è vero che chi tace acconsente, verrebbe da pensare che l’assordante silenzio con il quale è stata accolta questa pubblicazione confermerebbe la figura di un’omeopatia talvolta incapace di reagire in modo adeguato alle critiche, anche le più assurde, che periodicamente la vedono come bersaglio preferito dello pseudo-scienziato di turno.
Inutile dire che Omeopatia33, da questo punto di vista, ha da sempre rappresentato un riferimento costante e un solido baluardo per questi attacchi, fortunatamente meno frequenti ma non per questo meno subdoli; quando le critiche si ispirano esclusivamente ai soli dati di “convenienza” eliminando arbitrariamente tutto il resto, la comunità omeopatica ha il dovere di segnalare che in quel momento la ricerca lascia spazio all’arroganza e al pregiudizio. In questi casi il silenzio deve essere frantumato, come scriveva il Dei in quel di settembre, “da una legittima difesa della professionalità, dell’onestà, della competenza e della capacità di milioni di persone che nel corso di due secoli hanno prescritto, prodotto, suggerito e commerciato medicinali che gli autori in questione postulano come terapeuticamente inesistenti”. Ma questo non è avvenuto, almeno secondo i canoni del mondo dell’editoria scientifica.
È contrastando questa immobilità stagnante che la coppia Bernardini-Dei, seguendo le strategie Siomi che prevedono risposte scientificamente puntuali e riportate sullo stesso organo di diffusione, hanno ottenuto la pubblicazione da parte dell’editore di Frontiers of Psychology della lettera di commento sopra citata che abbassa drasticamente il livello di serietà delle azzardate affermazioni degli psicologi tedeschi e riporta il discorso in un ambito più serio e corretto.
I commenti all’articolo sono implacabili e corredati dalle immancabili voci bibliografiche. Non ha senso riempirsi la bocca di EBM (Evidence Based Medicine) quando dimostri di non conoscere la prima regola del metodo scientifico, che privilegia l’esatto sul presunto vero nella definizione della realtà. E se, nonostante tutto questo, si continuano a leggere affermazioni indecenti senza la minima competenza, è necessario e doveroso organizzarsi (scientificamente ma, soprattutto, culturalmente) per costruire una risposta che deve essere data da chi, in caso contrario, rischia di essere incauto complice di questa stessa indecenza.
- 1.Wilhelm M, Hermann C, Rief W, Schedlowski M, Bingel U, Winkler A. Working with patients’ treatment expectations – what we can learn from homeopathy. Front Psychol. 2024;15:1398865. doi:10.3389/fpsyg.2024.1398865
- 2.Bernardini S, Dei A. Commentary: Working with patients’ treatment expectations – what we can learn from homeopathy. Front Psychol. 2024;15:1477034. doi:10.3389/fpsyg.2024.1477034
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