di Quirino Zangrilli, su “Psicoanalisi & Scienza” del 6 maggio 2020 – LINK
Un mio paziente esce regolarmente da oltre trent’anni al mattino per fare una passeggiata veloce. La totale sedentarietà della professione che pratica lo predispone ad un pericoloso aumento di peso con complicanze ipertensive. La sua camminata è propriamente un farmaco salva-vita.
Ha accettato con pena ed apprensione le limitazioni alla mobilità che il governo italiano ha deciso per fronteggiare l’epidemia di covid-19. Come il lettore saprà tantissime nazioni nel mondo, anche in Europa, pur chiudendo tutte le attività che implicassero una inevitabile concentrazione di persone, non hanno letteralmente sequestrato in casa la popolazione come è stato invece fatto in Italia, ma si sono limitate a vigilare attentamente che negli spazi pubblici non si producessero assembramenti e che la distanza tra persone fosse rispettata.
Quando si corre o si cammina a fini sportivi all’aperto comunque, nell’attuale fase 2, nemmeno in Italia è richiesto l’uso della mascherina (pena un’ecatombe di accidenti cardiovascolari!) purché, giustamente!, si rispetti la distanza utile (1 metro per chi cammina, 2 metri per chi corre) ad evitare il contagio.
Quindi nel più stretto rispetto della legge in tutte le diverse fasi il paziente si è concesso le sue sortite salva-vita. Andando incontro ad una serie interminabile di contumelie e minacce, pur tenendosi rigorosamente lontano, ben oltre le disposizioni di legge, dagli altri. Realizza ben presto di essere diventato, come migliaia di altri mal-definiti runner, un capro espiatorio. Avrete letto tutti, sui social, proposte più o meno serie di cecchinaggio dei runner dalle finestre delle case dei reclusi.
Cos’è un capro espiatorio? L’Enciclopedia Treccani nella sua versione consultabile on line lo descrive come “…L’essere animato (animale o uomo), o anche inanimato, capace di accogliere sopra di sé i mali e le colpe della comunità, la quale per questo processo di trasferimento ne viene liberata (anche capro emissario, nella Vulgata hircus emissarius, traduz. dell’ebr. ‘ăzā’zēl). Il nome deriva dal rito ebraico compiuto nel giorno dell’espiazione (kippūr), quando un capro era caricato dal sommo sacerdote di tutti i peccati del popolo e poi mandato via nel deserto (Lev. 16, 8-10; 26). Questa trasmissione del male era conosciuta anche dai Babilonesi e Assiri, e dai Greci.”
Il fenomeno contiene due movimenti: il primo proiettivo (la colpa non è mia, è del capro), il secondo di identificazione (so che ho caricato il capro dei miei peccati, partecipo al suo dolore e mi dolgo del suo destino). Il capro espiatorio per eccellenza è Gesù Cristo, che si caricò dei peccati dell’umanità e si sacrificò per espiarne la colpa. L’altare è la traccia rappresentativa del vero altare sacrificale del capro.
In ogni famiglia che si rispetti vi è il capro espiatorio (in genere un figlio) che diventa come una sorta di rene della famiglia, deputato a metabolizzare i continui squilibri che si creano nella situazione d’insieme. Una variante proiettiva sono “i cattivi compagni”: Tizio è buono, il suo comportamento non è colpa sua, sono i suoi amici che lo corrompono: Tizio è dunque innocente.
Una variante elettiva del capro in tempo di epidemia è l’untore. Il termine era molto diffuso nel 500 e 600 e veniva utilizzato per indicare colui che diffondesse volontariamente il morbo della peste spalmando all’aperto unguenti contenenti deiezioni contaminate. Le credenze sugli untori ebbero particolare diffusione durante la grande peste del 1630 e furono rese immortali dal Manzoni nel romanzo” I promessi sposi”.
Una teoria diffusa era quella di un’origine di carattere demoniaco dell’infezione mortale dovuto all’azione di un demonio che ricompensava gli untori. Ebbe una certa fortuna il fantasioso racconto di un certo Pietro Crivelli, che si diffuse a macchia d’olio in Italia , incentrato sulla figura del Mammona, il demone tentatore della ricchezza, e quindi il diavolo stesso, dedito a spargere polveri pestilenziali; si sarebbe anche insediato nel palazzo del conte Trivulzio (si avete letto bene!) , che si era allontanato da Milano per sfuggire alla pestilenza.
Tornando al nostro tempo il Camminatore in epoca di coronavirus è reo di fare quello che ci manca enormemente: muoversi in libertà godendo del mondo. Non abbiamo il coraggio di fare ciò che desideriamo, lui lo fa (e nulla importa se la legge glielo consente) e diventa la pietra dello scandalo e di conseguenza il capro espiatorio.
Come acutamente ci ricorda Gabriella Giudici “…Nelle città greche antiche (ad Atene durante le Targelie in onore di Apollo) uomini scelti per la loro bruttezza che simbolicamente richiamava il male del mondo erano nutriti per un intero anno a spese della città poi, in un giorno stabilito erano cacciati a sassate fuori dalle mura per arginare l’angoscia della contaminazione che gravava sulla comunità” (Réné Girard, Il capro espiatorio). Erano i pharmakoì, scelti tra i malviventi particolarmente sgradevoli di aspetto: venivano portati in processione per le strade, colpiti sul sesso con rami di fico e mazzi di cipolle, e successivamente espulsi dalla città. E’ molto probabile che in origine i pharmakoì venissero lapidati e uccisi; certamente questo avveniva a Leucade, dove, per il rito cruento di espiazione, veniva scelto un condannato a morte.
Il gruppo scarica la propria aggressività su un emarginato, scelto per la sua deformità come simbolo del male. Il suo ruolo è quello di incarnare ogni forma possibile di sventura: espellendolo, la città si libera di un essere intoccabile, un perturbatore della pace, che assume su di sé le colpe e le maledizioni di tutti. Non può qui sfuggire la profonda similitudine inconscia con il tentativo di espellere un agente pericoloso e patogeno, il virus, da un organismo da sanificare.
Infine l’indubbia pericolosità del covid-19 porta ad un innalzamento parossistico dell’angoscia di morte, ci ricorda, come tentavo di ricordare in un precedente articolo, che la fine è ineluttabile, un’evidenza totalmente diniegata dalla società dell’onnipotenza: ben venga il capro espiatorio! Eliminando i runner elimineremo l’angoscia di morte.
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