- Piero Sestili, Professore Ordinario di Farmacologia, Università di Urbino Carlo Bo
- Giulio Liguori, Dottore in Scienze degli Alimenti e della Nutrizione e Laureando in Scienze Chimiche
- Daniele Fraternale, Professore Associato di Biologia farmaceutica Università di Urbino Carlo Bo
Chi non ha in casa un prodotto per le scottature, per il sollievo degli occhi, per la tosse e i raffreddori a base di principi o estratti di origine vegetale? I benefici che riconosciamo a questi prodotti in questi piccoli segmenti della nostra salute possono trovare qualche applicazione in COVID-19? Quale? Come? Cercheremo di commentare oggettivamente questa vasta tematica passando in rassegna le correnti di pensiero e i dati scientifici più attuali sia per scongiurare credulità e aspettative illusorie che verificare lo stato delle conoscenze e le reali possibilità di impiego. Anche in questo settore, come vedremo, la scienza ha fatto tanto e ci offre ottimi(stici) spunti.
Questa prima pillola di ottimismo “verde” inizia in modo inusuale, e cioè con le raccomandazioni per evitare illusioni, delusioni e fraintendimenti. L’assunzione di preparati a base di piante officinali e loro derivati è pertinenza della discipline biomediche note come fitoterapia e botanica farmaceutica, che hanno gli stessi fondamenti della farmacologia. Non è un caso, infatti, che la loro vendita è pertinenza di canali qualificati (farmacie, parafarmacie, erboristerie).
Molti utenti invece ritengono che i prodotti naturali siano perfetti per la “medicina fai da te” in cui vale la regola “più ne prendo meglio è”. Niente di più sbagliato: la medicina fai da te sta alla fitoterapia/botanica farmaceutica come girovagare ubriachi per i quartieri latini di Parigi sta ad una visita guidata al Louvre…
Sgombrato il campo da ogni possibile fraintendimento, passiamo alla pillola vera e propria. Uno degli aspetti più intriganti di questo (brutto) periodo per chi fa ricerca è che la pandemia è un’occasione per ripassare e reinterpretare in chiave pratica l’enorme mole di acquisizioni che in questi ultimi 20 anni la scienza biomedica ha prodotto. SARS-CoV-2 infatti ha obbligato la comunità scientifica a fermarsi e consultare tutta la letteratura utile per poterlo rapidamente affrontare con nuove opzioni di cura. Il risultato è straordinario perché ci si è resi conto di avere “in archivio” moltissime informazioni che possono oggi tornare utili. Da questa felice constatazione è esploso ad esempio il cosiddetto “drug repositioning”, cioè “frugare” tra i tanti farmaci già noti per altre patologie alla ricerca di quelli che potrebbero razionalmente essere efficaci anche in COVID-19 (l’idrossiclorochina, ad esempio, nonostante abbia purtroppo deluso le iniziali aspettative contro il coronavirus).
Questa strategia, che ha costituito la prima barriera contro SARS-CoV-2, si è potuta realizzare perché abbiamo sviluppato moltissimi farmaci di cui conosciamo in dettaglio i meccanismi con cui agiscono. Con questo criterio sono state formulate molte proposte, alcune rivelatesi utili (ad esempio il remdesivir, l’eparina, il cortisone e gli antinfiammatori), altre ancora da verificare e testare (torneremo più avanti sul tema delle terapie farmacologiche, NdR).
Un’altra lieta sorpresa è che, facendo il punto sul versante delle “sostanze naturali di origine vegetale” che per brevità chiameremo col termine non del tutto appropriato ma efficace “botanical”, si è constatato che le conoscenze in questo campo sono cresciute davvero a dismisura: migliaia di molecole attive catalogate, estratte e purificate da una miriade di piante, caratterizzate per quanto attiene alla loro attività biologica e indirizzate verso specifici usi spesso coerenti con l’ “etnofarmacologia” (la “evidence based medicine” dei popoli e degli antenati). Disponiamo cioè di un “reagentario” di dimensioni impressionanti di cui è stata meglio compresa la rilevanza farmacologica.
Grazie alla migliore conoscenza, moltissime di queste sostanze che vagavano nella lande del miracolismo, sono state ricondotte dentro i confini del metodo scientifico, aprendo la strada a prospettive di utilizzo razionale e mirato in vari campi della medicina tra cui, appunto, COVID-19.
Quali sono queste sostanze? Sarebbe impossibile elencarle una ad una. Possiamo però semplificare riferendoci alle singole classi chimiche (cioè le famiglie di appartenenza): polifenoli, triterpenoidi, antociani, flavonoidi, ellagitannini, alcaloidi, oli essenziali, delle cui proprietà benefiche sentiamo molto parlare nei media (anche se spesso un po’ a sproposito, a dirla tutta). Queste proprietà vengono sempre più utilizzate a scopo salutistico, ma anche studiate a fondo per poterle sfruttare in campo terapeutico. Tornando a COVID-19 si ritiene che i botanicals potrebbero essere utili, sia nell’immediato che in una prospettiva di più lungo termine, su più fronti, e cioè:
- ricerca di sostanze naturali in grado di esercitare attività diretta anti-Sars-CoV-2;
- prevenzione primaria attraverso l’assunzione di botanicals puri o in miscela (estratti e fitocomplessi) in grado di migliorare lo stato di salute delle persone, specie dei soggetti più deboli per abbassare il loro livello di rischio;
- adjunctive therapy (sostanze in grado di aiutare, ma non sostituire, l’attività e l’efficacia dei farmaci) da affiancare agli usuali protocolli farmacologici, specie nelle fasi iniziali della malattia.
Vero è che il primo punto richiederà più tempo, ma gli altri due sono già a portata di mano. Oggi ci occuperemo del primo punto, cioè dei botanical in grado di esercitare una attività antivirale diretta, auspicabilmente contro il Sars-CoV-2, mentre svilupperemo i temi legati ai punti 2 e 3 nelle pillole successive.Per attività “antivirale diretta” si intende la capacità di una sostanza di interferire, inibendo o bloccando, processi importanti per il ciclo vitale del virus e per il suo rapporto con l’ospite che, obtorto collo, siamo noi.Sono moltissimi i botanicals di cui è stata dimostrata – anche se per lo più in studi in vitro – una significativa attività antivirale: la disponibilità è virtualmente elevatissima. Tuttavia, se mettiamo nel mirino SARS-CoV-2, la “seleçao” (per usare una metafora calcistica che ci ricorda l’odierno e triste primato di contagi e decessi del Brasile, che preferiamo primo negli stadi…) dei botanical si assottiglia.
Dovremmo infatti focalizzarci su quelli che sappiamo essere attivi sui virus a RNA: prima scrematura. Inoltre non tutti i virus a RNA si possono considerare “parenti stretti” di SARS-CoV-2. La rosa quindi, dopo questa seconda scrematura, si restringe a quelli che sappiamo essere attivi su SARS-CoV (la SARS del 2002-2004, ricordate?) e MERS-CoV (la meno nota versione “mediorientale” di SARS del 2012), che potremmo considerare fratelli maggiori del coronavirus odierno. Si tratta comunque di tante sostanze, nell’ordine delle decine e decine. Ma dopo l’ultima scrematura che trattiene solo le sostanze che hanno dimostrato attività anche contro SARS-CoV-2, la rosa diventa così striminzita che non riusciamo a mettere insieme nemmeno una piccola “seleçao”. Al più arriviamo ad un terzetto di attaccanti, che illustreremo alla fine di questa rassegna e di cui non conosciamo ancora il reale valore. Il perché di questa progressiva rarefazione? Semplice: la storia di COVID-19 è ancora talmente breve che non abbiamo avuto il tempo sufficiente per scovare i botanicals più attivi.Ad ogni modo, siccome a noi piace il bicchiere mezzo pieno (con la metà piena si può comunque brindare, a differenza della metà vuota…), non tralasciamo la somiglianza tra i fratelli maggiori (i coronavirus della SARS e della MERS) e il minore (SARS-CoV-2): infatti conosciamo alcuni botanicals attivi sui due fratelli maggiori che potrebbero creare qualche problema anche al “piccolino”.Queste sostanze stanno già richiamando l’attenzione della ricerca e possono costituire una buona base di partenza per arrivare a COVID-19.
A oggi sono stati testati centinaia di estratti vegetali idroalcolici e singole sostanze attive su “nonno” SARS. Si tratta di botanicals più o meno noti. Tra i più noti meritano un cenno la quercetina (presente nella propoli, mirtilli, tè verde, uva e vino rossi..), acido caffeico (inutile dire dove trovarlo in quantità…), curcumina e curcuminoidi (curry, curcuma in polvere), epigallocatechina gallato (il principale polifenolo del tè verde), teaflavine (tè nero), miricetina (frutta, noci, bacche, tè, uva e vino rossi), scutellarina (plantaggine), licorina (in alcuni fiori).
Una delle più attive e selettive contro SARS-CoV è la licorina: peccato sia anche tossica per l’uomo, e non solo per il virus. Breve ma importante parentesi: non tutto quello che è naturale è innocuo! Il curaro è naturalissimo, ad esempio. Ergo, le stesse precauzioni che vanno adottate per i farmaci, vanno adottate anche per le sostanze naturali di cui non sia stato definito il profilo di tossicità e i margini di sicurezza! Chiusa parentesi.
Quanto sono efficaci, come agiscono e quanto è realistico l’utilizzo di queste sostanze come antivirali? L’efficacia di cui parliamo purtroppo non è quella clinica. E perché – la domanda nasce spontanea – queste sostanze non sono state testate in studi clinici sull’uomo? Probabilmente perchè SARS e MERS hanno avuto una epopea assai breve e con loro anche la ricerca si è affievolita. Conosciamo abbastanza bene, invece, l’attività antivirale di parecchie sostanze grazie a studi in vitro, in cellule in coltura o animali. L’attività antivirale in questi sistemi sperimentali non corrisponde quasi mai a quella che si osserva in clinica, ma rappresenta un eccellente punto di partenza e per di più è spesso risultata consistente.
Ad esempio, solo per citarne alcuni la quercetina, il resveratrolo, le lectine, l’acido caffeico inibiscono SARS e MERS a concentrazioni molto basse, facilmente raggiunte nell’ apparato respiratorio se somministrate per inalazione (ad es. spray o aerosol).
Come agiscono sul virus? In vari modi. Uno ben caratterizzato risiede nella capacità di parecchi polifenoli di bloccare la 3-chymotrypsin-like protease (3CLpro) e la papain-like protease (3PL), due enzimi fondamentali per la replicazione virale. Queste due proteasi tagliano in punti molto precisi la poliproteina virale (un ammasso che raccoglie in una unica grande molecola proteica tutte le proteine virali appena sintetizzate) nelle singole proteine funzionali che andranno a costituire i nuovi virioni. Un altro bersaglio dei botanicals è la NSP-13 o elicasi, che serve a “srotolare” l’RNA a doppia elica e separarlo nelle due catene a singola elica (il SARS-CoV-2 è un virus a RNA a singola elica). Questa attività è fondamentale per la replicazione del virus, perché consente di passare alla sintesi del prossimo genoma virale,e così via.
Le lectine, invece sembrano agire bloccando la fase di aggancio del virus alle cellule delle vie respiratorie. Molti botanicals alterano il rapporto tra la famigerata proteina Spike del virus e l’altrettanto famoso recettore ACE2, impedendo così l’attracco e l’ingresso del virus nelle nostre cellule. Per esempio, alcuni oli essenziali (geranio e citronella) riducono il numero dei recettori ACE2 sulle cellule e potrebbero rendere più difficoltoso l’ingresso del virus. Le proprietà contro alcuni virus (ad esempio l’H1N1 influenzale) degli oli essenziali in fase di vapore di bergamotto, eucalipto, cannella, rosmarino sono ben note: per analogia si sta pensando di preparare spray con opportune miscele di questi oli nella prevenzione e nel trattamento iniziale di COVID-19.
Ancora non c’è nulla di concreto, occorre dirlo. Si tratta di ipotesi. Ma con buona approssimazione si potrebbe immaginare un quadro in cui i botanicals ad attività anti SARS- CoV-2” possano affiancare i farmaci come il remdesivir o quelli che verranno come “adjunctive treatment”: un trattamento di per sè poco efficace, ma in grado di fare un buon lavoro di “squadra” con le medicine vere e proprie (V. anche punto 3 sopra).I botanicals quindi agiscono con meccanismi simili a quelli dei farmaci antivirali che si sta cercando di sviluppare.
Questa osservazione non è banale, perché la chimica farmaceutica, avvalendosi di strumenti di indagine “in silico” (simulazioni al computer che riproducono il rapporto, la “stretta mortale” tra il botanical ed il suo bersaglio virale per capire se con piccole modifiche chimiche la stretta può diventare ancor più letale per il virus) cerca di modificare le sostanze vegetali “naif” per ottenere dei derivati più potenti e clinicamente utili. Un po’ come facciamo con le mele cotogne, che da crude non sono un granché, ma una volta cotte danno una buona marmellata.Qui termina la prima pillola verde per evitare rischi di sovradosaggio. Torneremo con una seconda visto che già Leonardo diceva “la natura è piena d’infinite ragioni che non furon mai in isperienza” ovvero di argomenti ce ne sono in abbondanza. Ma saranno svelati alla prossima somministrazione…
Per approfondimenti
- E. Levy, E. Delvin, V. Marcil, S. Spahis, MAY PHYTOTHERAPY WITH POLYPHENOLS SERVE AS A POWERFUL APPROACH FOR THE PREVENTION AND THERAPY TOOL OF NOVEL CORONAVIRUS DISEASE 2019 (COVID-19)?, Am. J. Physiol. Endocrinol. Metab. (2020). https://doi.org/10.1152/ajpendo.00298.2020.
- F. Zahedipour, S.A. Hosseini, T. Sathyapalan, M. Majeed, T. Jamialahmadi, K. Al-Rasadi, M. Banach, A. Sahebkar, Potential effects of curcumin in the treatment of COVID-19 infection., Phytother. Res. (2020). https://doi.org/10.1002/ptr.6738.
- R. Ghosh, A. Chakraborty, A. Biswas, S. Chowdhuri, Evaluation of green tea polyphenols as novel corona virus (SARS CoV-2) main protease (Mpro) inhibitors – an in silico docking and molecular dynamics simulation study., J. Biomol. Struct. Dyn. (2020) 1–13. https://doi.org/10.1080/07391102.2020.1779818.
- A. Nasi, S. McArdle, G. Gaudernack, G. Westman, C. Melief, J. Rockberg, R. Arens, D. Kouretas, J. Sjölin, S. Mangsbo, Reactive oxygen species as an initiator of toxic innate immune responses in retort to SARS-CoV-2 in an ageing population, consider N-acetylcysteine as early therapeutic intervention, Toxicol. Reports. 7 (2020) 768–771. https://doi.org/10.1016/j.toxrep.2020.06.003.
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.